di Fulvio Paloscia
Alla faccia di chi dice che non si scrivono più opere liriche, Orio Odori ci ha provato.
Conosciuto per essere il creatore e inventore della Banda Improvvisa, progetto che ha trasformato la filarmonica di Loro Ciuffenna in una formazione capace di affrontare con disinvolture etnica, jazz e canzone d’autore, non ha scelto certo un argomento facile: la vita di San Francesco.
Ma Odori, insieme al librettista Daniele Bacci, sembra essere riuscito a raccontare le imprese del poverello d’ Assisi attraverso arie, duetti e concertati: almeno secondo Chiara Frugoni, massima esperta di vicende francescane, che ha definito l’opera «un piccolo miracolo». Dopo aver debuttato nell’ aprile scorso coprodotta dalla Regione in collaborazione con l’Unione fra le conferenze delle Famiglie francescane, al Garibaldi di Figline Valdarno, Francesco d’Assisi va in scena in una nuova versione stasera al Teatro Verdi (ore 21) con l’Orchestra Gruppo Amici della Musica di Scandicci diretta da Odori stesso, la regia di Manu Lalli, protagonisti il baritono Juan Possidente nei panni del giullare di Dio, il soprano Patrizia Cigna in quelli di Chiara. Scrivere un’ opera era un desiderio che Odori covava da tempo: «Ho sempre visto la lirica come un arcano miracolo: che meraviglia le prime parole della Butterfly; una frase di un’ estrema semplicità, “e soffitto e pareti”, che ti lascia immaginare tutto un mondo». Per questo Odori ha chiesto a Bacci un inizio altrettanto fulminante; un incipit che, al sollevarsi del sipario, mostrasse subito un Francesco lontano dall’ oleografia: «E’ freddo, sono le prime parole pronunciate dal santo che, ormai prossimo alla morte, ripercorre la sua vita vissuta tra gli emarginati e i disperati. A lui è legato un tema che non trova compimento, che non si ferma mai. E’ un personaggio combattuto, attanagliato da mille dubbi. Ecco perché, ad esempio, non ha mai un’aria. A Chiara invece è legato un tema più rassicurante, dolce, di presa immediata e d’ascendenza popolare». Odori non ha potuto rinunciare al suo bagaglio di musicista di frontiera ma sempre vicino al pubblico: «La marcia funebre che accompagna le spoglie del santo ricorda quella che fu suonata dalla banda del paese quando mio padre, che vi suonava, morì». Un lavoro sorretto da una solida documentazione, film compresi: «Quello di Zeffirelli? Bello, ma troppo conciliante. Ho preferito il Francesco della Cavani: racconta un uomo dilaniato tra spirito e sensi». Ora il compositore valdarnese sogna una nuova, titanica impresa: un’opera su Galileo e l’Inquisizione.
da “La Repubblica”, 13/01/2007.