Magazine Cultura
Eccoci a Genova, città che nelle ultime settimane ha sofferto molto.Rendo un piccolo omaggio alla sua bellezza e alla sua forza prendendo come esempio un’opera di Michelangelo Merisi da Caravaggio custodita in questa città, nella Galleria di Palazzo Bianco.Voglio vedere e guardare Ecce Homo, dipinto nel 1605.
La prima cosa che mi colpisce è che non c’è uno spazio definito nel quale si svolge l’azione: non c’è architettura, non c’è paesaggio, non c’è nessun punto di riferimento. Il mio occhio si concentra necessariamente solo sulle figure. I personaggi sembrano nascere dal nulla, ma si impongono al mio sguardo per la loro potenza, nella forma e nell’espressione. Le figure non nascono dal disegno, sono modellate dalla luce.Ponzio Pilato presenta al popolo Gesù Cristo. E’ lui che pronuncia le parole Ecce Homo (ecco l’uomo, l’uomo che volete crocifiggere). Il carceriere di Cristo gli sta appoggiando un mantello sulle spalle. A prima vista sembra premuroso, ma dalla corona di spine che gli ha già messo sulla testa capisco che Caravaggio dipinge il momento in cui Cristo viene vestito come un re perché sia deriso dal popolo.
I personaggi dell’opera non si toccano tra loro, ma sono uniti da una linea invisibile, quella degli sguardi: dal carceriere a Cristo, da Cristo alle mani (prima le sue e poi quelle di Ponzio Pilato), dalle mani di nuovo al volto di Pilato che, unico personaggio vestito alla moda del Seicento, mi guarda fisso negli occhi.
Eccomi trascinata dentro la scena, come parte attiva del gioco di rimandi innescato nel quadro. Caravaggio chiama in causa anche me sulla scelta del destino dell’uomo che si dichiara figlio di Dio.
Confesso di sentire un certo disagio: per un attimo mi sembra davvero che aspetti un mio cenno di assenso!
Mentre continuo a sostenere lo sguardo di Pilato, mi viene in mente che lo devo aver già visto da qualche parte e devo aprire molti cassetti della memoria per ricordare finalmente che il suo volto richiama un ritratto del genovese PrincipeAndrea Doria fatto da Sebastiano del Piombo (1526), che sicuramente Caravaggio ha avuto occasione di vedere.
Perché ho scelto quest'opera
Caravaggio ha lasciato capolavori in tutta Italia, per nostra fortuna. L’opera che ho scelto ha avuto una storia molto contrastata nel corso dei secoli, infatti non è stata riconosciuta da subito la paternità di Caravaggio, è stata dimenticata per anni in una cantina e ancora oggi si discute molto sulla sua autenticità. Allora perché parlare di una delle eccellenze italiane dell’arte attraverso un’opera così controversa? In primo luogo perché la trovo meravigliosa, e poi perché mi dà la possibilità di far vedere un Caravaggio diverso. Mi spiego meglio. L’arte sacra del Seicento ha scopi precisi: deve educare i fedeli e deve farlo attraverso chiarezza, verità e aderenza alle Scritture. Per la Chiesa è necessario affermare la propria identità e far vedere la propria grandezza anche e soprattutto attraverso l’arte, cercando di arginare la Riforma protestante e le sue rivendicazioni di autonomia da Roma. E’ il periodo dell’arte della Controriforma. Caravaggio non si adatta alle regole della Chiesa e spesso dà scandalo per i modelli che ritrae in veste di personaggi sacri (mendicanti, prostitute…). In più occasioni infatti le sue opere vengono rifiutate dai committenti per l’estrema umanità delle figure e per le pose troppo realistiche. In questa opera però, nel gesto di Pilato che mostra Cristo alla folla e allo spettatore, l’artista aderisce invece a pieno alle finalità della pittura controriformista.
Michelangelo Merisi detto il Caravaggio
Caravaggio è stato un genio che seguiva solo le proprie regole. Come nell’arte, così nella vita, che è stata una continua fuga da una città all’altra. Trovava rifugio e protezione per qualche tempo, poi era costretto di nuovo ad andarsene. Sicuramente l’episodio più importante della sua vita è stata la condanna a morte per decapitazione a seguito di un omicidio, cosa che lo ha portato lontano da Roma, dove aveva conosciuto finalmente la gloria. Concordato da Napolicon il Cardinale Borghese il prezzo della sua libertà e del perdono di Papa Paolo V (il San Giovanni Battista ora alla galleria Borghese), Caravaggio approda in segreto a Palo (Ladispoli, a circa 50 km da Roma) dove aspetta i documenti papali. Per un disguido burocratico, le sue casse (in cui c’è anche l’opera per Scipione Borghese) rimangono sulla nave: Caravaggio cerca di riaverle a Porto Ercole, ma quando vi arriva la nave è già ripartita per Napoli. Caravaggio muore a Porto Ercole per un’infezione intestinale ed è sepolto nella fossa comune del cimitero di San Sebastiano. Il condono papale arriva a Napoli a pochi giorni dalla sua morte.
L’angolo delle curiosità
*Nel 2010 sono stati ritrovati i suoi resti. Una squadra dell’Università di Bologna dopo anni di ricerche ed analisi ha confermato che le ossa ricoperte di mercurio e piombo, utilizzati dai pittori del seicento per preparare i colori, sono dell’artista (ma ne sono sicuri solo all’85%).
*Per la realizzazione dei suoi dipinti, Caravaggio metteva delle lanterne in posti specifici del suo studio così che i modelli venissero illuminati solo in parte, con la luce radente lasciando il resto del corpo nel buio dell'ambiente.
*L’Ecce Homo è stato restaurato nel 1954. Per lo studio dell’opera è stata usata la tecnica della radiografia, grazie alla quale è stato possibile vedere anche le parti della composizione che poi Caravaggio ha messo in ombra. L’artista è stato uno dei pochi che ha utilizzato la tecnica dell’abbozzo monocromatico a biacca (su un fondo scuro tracciava le linee dei suoi personaggi col bianco di piombo), il che che ha reso visibili ai raggi x i suoi “pentimenti”, come le mani di Pilato, la testa di Cristo, le sue spalle, le braccia, le mani e il perizoma.
*Amato in vita, Caravaggio è stato presto dimenticato. La sua opera è stata riscoperta solo nel XX secolo, grazie agli studi di alcuni importanti storici dell’arte come Roberto Longhi. Prima dell’avvento dell’Euro, il suo ritratto era stampato sulle banconote da 100.000 Lire.
*L’Ecce Homo ha lasciato in ottobre Palazzo Bianco per essere esposto in America, in occasione di una delle tante mostre che ci sono state quest’anno per celebrare i 400 anni dalla morte dell'artista (il progetto delle mostre si chiama Caravaggio 400).
*Renato Guttuso, un grande pittore del ‘900, si chiedeva come fosse possibile che ancora oggi davanti ad un’opera di Caravaggio ci si senta riaprire nel petto una ferita che si credeva chiusa. L’unica risposta possibile è che la verità dell’arte si misura dalla sua capacità di essere sempre viva e di fare in modo che mostri a noi stessi una nostra nuova faccia, o una che abbiamo dimenticato. Iscriviti a Viadeo, il business social network scelto da <a href="http://www.viadeo.com/it/profile/lorenza.bevicini" title="Profilo Viadeo di Lorenza Bevicini"> <b>Lorenza Bevicini</b></a> e più di 30 milioni di professionisti
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