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Un Orologio senza Orologiaio? (di Lorenzo F.L. Pelosini)

Da Giovannipelosini

Un Orologio senza Orologiaio? (di Lorenzo F.L. Pelosini)Vorrei stavolta, col vostro permesso, spingermi dove non mi sono mai finora spinto, in un argomento che è tanto ostico quanto controverso: l’origine e il fine ultimo dell’Universo. Già vi sento obbiettare, ma placate gli animi, cari lettori: oggi più che mai, pur nella mia mania di onnipotenza (e onniscienza, beninteso), ho solo domande (e forse qualche ipotesi) da portare alla vostra attenzione. Di recente mi imbatto sempre più spesso e, ne sono certo, non a caso in opere che indagano il grande mistero dell’essere e cercano di tracciare una mappa, o almeno un’equazione che confuti l’Eternità e l’Infinito. Nell’arco della mia vita mi sono inchinato di fronte all’immensità espressiva della Divina Commedia, forse la più grande opera letteraria mai scritta, e di 2001 Odissea nello spazio, che è forse quanto di più alto ed intenso sia mai stato tentato nell’ambito del Cinema. Credo che questi capolavori, insieme ad una ristretta cerchia di fratelli, tra i quali porrei senz’altro le opere di Mozart e più o meno tutta la bibliografia di Shakespeare, calino nel finito l’infinito arcano, come gli ottantotto tasti di un pianoforte ci danno accesso ad infinite melodie. È da queste due opere, che io sento più vicine di altre non meno degne di nota, che ho iniziato la mia indagine. Si dà il caso però, che un’altra geniale opera letteraria si sia di recente imposta alla mia attenzione. Un fratello minore, potremmo dire (almeno per la differenza d’età), che rappresenta non di meno il punto più alto finora raggiunto dall’arte a fumetti: parlo, naturalmente, del già citato graphic novel di Alan Moore Watchmen.

Bene, credo che la domanda (alla quale, lo ripeto, non ho la presunzione di dare una risposta) che sta alla base della mia ricerca sia: esiste un essere supremo? Oppure, l’Universo è dominato dall’Ordine o dal Caos? Da quando gli astronomi hanno iniziato a scandagliare il cielo con telescopi sempre più potenti, abbiamo lentamente iniziato a prendere coscienza dell’immensità del cosmo. D’un tratto la Terra non solo non era più al centro dell’Universo, ma si presumeva che tale Universo si estendesse all’infinito e non avesse di fatto un centro. L’umanità, fino ad allora “popolo eletto da Dio” per godere dei doni del Creato, si trovava per la prima volta gettata nel caos dell’esistenza, lontana dall’occhio vigile di un padre che forse non era mai esistito. Così, mentre le religioni di tutto il mondo si aggrappavano come naufraghi su una nave che affonda ai loro dogmi, la Fisica si addentrava a scoprire gli estremamente complessi (eppure meravigliosamente semplici) ingranaggi che fornivano moto perpetuo alla macchina cosmica, fino a delineare la perfetta geometria di uno splendido meccanismo ad orologeria. Ma se era ormai chiaro come gli elettroni e le galassie fossero mossi dalle medesime sincroniche forze, seguendo il medesimo ritmo, il perché dell’esistenza di questa immensa giostra restava tuttavia ignoto. Insomma, ci trovavamo di fronte ad “un orologio senza orologiaio”.

I tragici supereroi mancati di Watchmen, nel corso della storia, si trovano, ciascuno a suo modo, di fronte al grande caos dell’essere e, come il colonnello Kurtz di Apocalipse Now, sperimentano l’insostenibilità dell’Orrore. “Ho guardato il cielo attraverso il fumo gravido di grasso umano e Dio non c’era. Il buio freddo e soffocante si estende per ogni dove e siamo soli”, dice uno dei personaggi in un momento di grande cupezza.

Ma tra tutti i supereroi vi è un essere, tale Dottor Manhattan, che, a causa di un esperimento di fisica quantistica, ha ottenuto il controllo e la comprensione totale della Materia. Questo gli permette di ammirare con un’acutezza di sensi senza precedenti i meccanismi alla base dello spazio e del tempo, divenendo il simbolo dell’onnipotenza comprensiva della Ragione. Ha tuttavia delle difficoltà a capire il, talvolta irrazionale, comportamento umano e i sentimenti che vi stanno alla base. In effetti, come lo critica la donna che lo ama, “sa come funziona tutto in questo Mondo, tranne le persone”. Arriva infatti ad affermare che l’esistenza della vita, oltre ad essere un mero caso, è un evento sopravvalutato. “Marte se la cava benissimo anche senza la vita”, dice osservando l’armonica geometria degli immensi canyon del Pianeta Rosso. Ed ecco che, a questo punto, sorge spontanea un’altra domanda. Partiamo dal presupposto che l’Universo, visto da una prospettiva non antropocentrica, si mostri come una immensa e perfetta ruota motrice, e ipotizziamo che quell’ingranaggio, come diceva il Dottor Manhattan, non sia stato creato, ma semplicemente sia sempre esistito, che sia causa e fine di se stesso, che semplicemente sia, in una dimensione dove il concetto di Tempo diventa privo di significato. In questo caso, come diceva  Laplace, l’esistenza di un essere supremo (anche come semplice Demiurgo), seppur possibile, non sarebbe necessaria, così come non lo sarebbe l’esistenza dell’uomo o di qualunque essere vivente. In questo caso, sarebbe ancora possibile attribuire un significato, che vada oltre quello di un semplice scherzo, alla vita?

Forse sarebbe più giusto chiudere qui, anche perché la domanda mi affascina e mi terrorizza più di qualunque risposta. Tuttavia, in nome della mia indole romantica, permettetemi di aggiungere una mia opinione.

Quello che fa vacillare la razionalità del Dottor Manhattan è il rendersi conto che un insieme di circostanze più uniche che rare hanno, contro ogni logica probabilità, dato origine alla donna che ama. Questo lo porta a rivalutare la vita, fino anche a considerarla un vero e proprio miracolo, proprio perché la sua esistenza sfida ogni legge probabilistica.

Magari”, come diceva il dottor Langdon nel Codice Da Vinci,l’umano è divino” e magari il senso dell’universo è insito nel fatto stesso che una forma di vita intelligente nata per un evento fortuito cerchi di dare un senso ed un anima al vuoto che la circonda. Come diceva il misterioso “mentore celeste” di Contact: “In tutte le nostre ricerche, la sola cosa che rende il vuoto sopportabile siamo noi stessi”. Mi spingo ancora più oltre e dico che, magari, i sentimenti e le emozioni, l’Amore e la ricerca dell’Amore sono divini di per se stessi. E se mi perdonate l’eccesso di citazioni, vorrei concludere con le parole di Jung: “Da quel che possiamo capire, il solo scopo dell’esistenza umana è accendere una luce di significato nell’oscurità del mero esistere.

In questo caso, potrebbe essere davvero l’Amore a muovere il sole e le altre stelle. Ma è solo una teoria… e anche un’altra citazione.

Lorenzo F.L. Pelosini


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