Magazine Cucina
Oggi inizio con una domanda: qualcuno ha mai sentito parlare delle Mariette? Sapete chi sono? Per chi scuotesse la testa ai lati ecco due mie parole di spiegazione. Iniziamo col dire che le Mariette di oggi nascono da una iniziativa di Casa Artusi a Forlimpopoli, vicino Forli. Il nome è preso dalla più famosa governante dell’enogastronomo romagnolo, Marietta Sabatini, fedelissima cuoca che spesso si occupava di curare i suoi piatti e di mandare avanti la baracca. Il signor Pellegrino ne era così tanto fiero da dare talvolta ai piatti il nome di lei, in onore di tanta bravura. L’associazione odierna, attiva già da anni, raggruppa tutte quelle signore - ma anche signori - che con maestria, cuore e tanto impegno portano a tavola ogni giorno piatti della tradizione soprattutto a base di pasta, riso, pane. Ma perché vi parlo di loro ? Perché in un week end di ottobre, in una giornata che a Roma viene definita Ottobrata per via della bella temperatura, ne troppo caldo ne tanto freddo, ho avuto modo di imparare una antica tradizione romagnola direttamente da una di loro, una marietta di altri tempi la signora Maria (nel nome già un programma, si potrebbe dire!) Originaria di Predappio (chi non la conosce?) lavora la pasta dall’età di 6 anni, quando ancora con la sua mamma arrivava sì e no al bordo del tavolo. E, a proposito di età, non lasciatevi ingannare dall’immagine: è vispa come solo i romagnoli sanno esserlo ed ha una energia che personalmente neanche io nel giorno più in forma mi sognerei ! Non ho mai visto usare coltelli e attrezzi senza la minima esitazione come fa lei e non ho mai visto tanta potenza nelle braccia da ridurre la pasta in sfoglia velatissima in un paio di mattarellate! Ieri mi sono recata in casa sua dietro invito. La signora è la suocera di una mia carissima amica e da anni vive in provincia di Roma. E’ da tempo che aspettavo un' occasione cosi, sono sincera. Sentirla e vederla all’opera mi ha regalato grande emozione: mi ha fatto ripensare, nostalgicamente, ai miei anni universitari trascorsi a Forlì, e mi ha fatto riflettere su quanto patrimonio culturale ed eno- gastronomico testimoniano queste persone, una vera fonte per tutti noi appassionati di cucina. La preparazione del giorno consisteva nei cappelletti ripieni di macinato, da cuocersi nel classico brodo (perdonatemi ma non posto la ricetta, io comunque preparo questo qui ). Ho ben poco da aggiungere a questo punto: sicuramente le immagini dicono molto più di quanto potrei fare io. Vi lascio con la ricetta e qualche indicazione per la preparazione del piatto.
Per il macinato:
4 etti di carne bovina e di maiale mista ; facciamo rosolare in padella con poco olio
1 noce e mezza di noce moscata
sale
pepe
almeno 4 cucchiai di parmigiano reggiano, ma se occorressa anche di più
Per la pasta :
farina quanto basta
4 uova
sale
In senso orario: prepariamo la pasta con farina e 4 uova. La farina verrà aggiunta di volta in volta, a seconda della necessità. Aggiungiamo un pizzico di sale e lavoriamo con le mani. L'impasto deve essere morbido.
Con il mattarello iniziamo a stendere la sfoglia sino a renderla sottile. Noterete che il mattarello non è lo stesso: priam si adopera quello grande poi si passa a uno più piccolo, più sottile di circonferenza. Avvolgiamo la sfoglia pronta intorno a questo. Incidiamo la sfoglia ancora avvolta sul mattarello in tutta la sua lunghezza aiutandoci con un coltello affilato e a punta.
Incidiamo una seconda volta. Ora procediamo in senso verticale ricavando tanti piccola quadrati. Disponiamoli uno ad uno sul tagliere e posizioniamo al centro un pizzico di carne macinata. Richiudiamoli partendo da un angolo che ricopra il macinato combaciando con l'angolo opposto. Chiudiamo sul retro e appiattiamo tutto intorno (in pratica deve rimanere come un piccolo cocuzzolo :-) )
Credete: questa operazione è più difficile a dirsi che a farsi :-). Via via che li prepariamo, li disponiamo su un vassoio , ben distanti tra di loro e lasciamo seccare un pochino. In genere si aspettano 12 ore ma noi eravamo affamati - lol - e dopo l'alzataccia del mattino , abbiamo mangiato i cappelletti a distanza di un paio di ore dalla loro preparazione.
La parte più difficile, forse è abbastanza ovvio, è tirare la sfoglia ad arte ma come per molte cose nella cucina è anche questione di pratica...insomma, volendo citare una famosa frase tratta dal film "Ricomincio da Tre", ( ricordate? ) di Troisi, bisogna "provare, provare, provare" .
Grazie Maria!
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