di Angelo D'Amore. I nostri politici sono diventati d'improvviso dei candidi moralizzatori. Tutti fanno a gara per presentare una legge contro le ruberie della casta. Certo, non tutti rubano, non tutti potevano sapere cosa facesse il collega di turno, ma di sicuro è quanto mai postumo il loro patetico tentativo di rifarsi una verginità perduta, di redimersi davanti ai cittadini. Molto raro poi, l'uso delle dimissioni a prescindere, in Italia viste come ammissione di colpa e non come assunzione di responsabilità dinanzi agli elettori. Al contrario, abbiamo spesso assistito al rifugio nelle istituzioni, come garanzia di libertà dalle patrie galere. Il vento però sta cambiando. Nei politici, la paura di essere spazzati via, è cresciuta a dismisura nell'ultimo periodo. Il loro rinnovato agitarsi è l'ennesimo tentativo per poter rimanere incollati alle loro poltrone. Di qui i loro appelli ai ripulisti interni, all'azzeramento delle nomenclature scomode, all'allontanamento delle mele marce, dimenticando che in Parlamento siedono ancora circa 100 tra indagati o inquisiti. Un altro fattore che accomuna al momento, la gran parte dei partiti, è la fiducia incondizionata verso Monti. Ma come si fa a non capire che nessuno ha più il coraggio di metterci la faccia? Il professore, sebbene scomodo, fa il lavoro sporco che loro non potrebbero fare, perchè ormai da lustri non hanno fatto nulla per il Paese, facendolo scivolare in una forma di immobilismo decisionale. Un dato è certo: la crisi colpisce tutti, ma la lentezza e la dilagante corruzione e corruttibilità delle nostre amministrazioni centrali e periferiche, è un caso tutto italiano, se ci riferiamo ai paesi per cosi dire evoluti. In Europa incendia la protesta. In Italia invece, assistiamo passivi al nostro progressivo declino. C'è più rassegnazione che rabbia. Il nostro infatti, è un Paese in cui è assai difficile poter ipotizzare una rivoluzione, anche solo culturale. Storicamente abbiamo subito in silenzio. E' un Paese che non riesce a trovare nè colpe nè colpevoli, che non processa mai sé stesso. Un Paese che ha vinto una guerra cambiando l'alleato di turno. Che fa pace con un dittatore (Gheddafi) e poi ne bombarda il territorio, per non essere da meno alle grandi potenze europee. Un Paese senza spina dorsale, che si genuflette all'uomo forte del momento, si chiami Craxi, Berlusconi o Mussolini, ma che gli gira le spalle alla prima tempesta. Una Nazione di nepotismi, caste e clientele, di compromessi storici e ammucchiate pentapartitiche, di bustarelle e raccomandati, dove per vedersi assicurato il pane, si va dal parroco o dal capo zona. Per tale motivo, è molto difficile affidarsi al nuovo che avanza, aprirsi ad altri interlocutori, a rompere con gli schemi pregressi, a trovare il coraggio di cambiare.
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di Angelo D'Amore. I nostri politici sono diventati d'improvviso dei candidi moralizzatori. Tutti fanno a gara per presentare una legge contro le ruberie della casta. Certo, non tutti rubano, non tutti potevano sapere cosa facesse il collega di turno, ma di sicuro è quanto mai postumo il loro patetico tentativo di rifarsi una verginità perduta, di redimersi davanti ai cittadini. Molto raro poi, l'uso delle dimissioni a prescindere, in Italia viste come ammissione di colpa e non come assunzione di responsabilità dinanzi agli elettori. Al contrario, abbiamo spesso assistito al rifugio nelle istituzioni, come garanzia di libertà dalle patrie galere. Il vento però sta cambiando. Nei politici, la paura di essere spazzati via, è cresciuta a dismisura nell'ultimo periodo. Il loro rinnovato agitarsi è l'ennesimo tentativo per poter rimanere incollati alle loro poltrone. Di qui i loro appelli ai ripulisti interni, all'azzeramento delle nomenclature scomode, all'allontanamento delle mele marce, dimenticando che in Parlamento siedono ancora circa 100 tra indagati o inquisiti. Un altro fattore che accomuna al momento, la gran parte dei partiti, è la fiducia incondizionata verso Monti. Ma come si fa a non capire che nessuno ha più il coraggio di metterci la faccia? Il professore, sebbene scomodo, fa il lavoro sporco che loro non potrebbero fare, perchè ormai da lustri non hanno fatto nulla per il Paese, facendolo scivolare in una forma di immobilismo decisionale. Un dato è certo: la crisi colpisce tutti, ma la lentezza e la dilagante corruzione e corruttibilità delle nostre amministrazioni centrali e periferiche, è un caso tutto italiano, se ci riferiamo ai paesi per cosi dire evoluti. In Europa incendia la protesta. In Italia invece, assistiamo passivi al nostro progressivo declino. C'è più rassegnazione che rabbia. Il nostro infatti, è un Paese in cui è assai difficile poter ipotizzare una rivoluzione, anche solo culturale. Storicamente abbiamo subito in silenzio. E' un Paese che non riesce a trovare nè colpe nè colpevoli, che non processa mai sé stesso. Un Paese che ha vinto una guerra cambiando l'alleato di turno. Che fa pace con un dittatore (Gheddafi) e poi ne bombarda il territorio, per non essere da meno alle grandi potenze europee. Un Paese senza spina dorsale, che si genuflette all'uomo forte del momento, si chiami Craxi, Berlusconi o Mussolini, ma che gli gira le spalle alla prima tempesta. Una Nazione di nepotismi, caste e clientele, di compromessi storici e ammucchiate pentapartitiche, di bustarelle e raccomandati, dove per vedersi assicurato il pane, si va dal parroco o dal capo zona. Per tale motivo, è molto difficile affidarsi al nuovo che avanza, aprirsi ad altri interlocutori, a rompere con gli schemi pregressi, a trovare il coraggio di cambiare.
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