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Un panettiere

Da Nubifragi82 @nubifragi

Non posso fare altrimenti.

E voi tutti maledite chi vi ha allungato l’età pensionabile. Vi sento, cosa credete? Taglio la focaccia in quattro anzi un pò meno di metà, ma vi sento. Leggo la pesa e vi chiedo se fa niente se mancano cinque grammi, ma vi sento. Frugo nella cassa per cercare settantatré centesimi di resto, ma vi sento. Ma perchè ci tenete tanto ad andare in pensione? Quando hanno allungato l’età pensionabile io esultavo e ridevo, nascosto dietro focacce e barattoli dell’unicef. Un tempo avrei deciso io se andare in pensione o no, ma poi la crisi, la concorrenza e alla fine ho dovuto vendere il panificio ad una grande azienda per essere poi assunto da questa nello stesso mio ex-forno. Poi ieri sono andato all’Inps e mi han detto che è ora di starsene a casa a riposare ed io, ve lo giuro sul mio forno, ho visto il baratro e allora, disperato, ho chiamato il responsabile locale dell’azienda e questo mi ha detto complimenti. Sinceramente mi è parso non gliene fregasse nulla. Morto un panettiere se ne fa un altro. Ho tergiversato, sperato fino al click finale che quello mi dicesse no, rimani con noi ancora un anno, ti facciamo un’offerta vantaggiosa, sai, ora come ora non possiamo assumere una persona con poca esperienza, abbiamo bisogno delle tue mani impastatrici. Invece niente. Tanti auguri. Te la sei meritata.

Cosa? Cosa mi sono meritato? Ma lo sapete chi sono, cosa penso? Non ho nemmeno un nome per voi, sono l’uomo del pane. E avete ragione! Io sono il pane che vi vendo, niente di più! Voi, voi che venite nel mio negozio perchè non c’è nessun pane che resiste a lungo come il mio e che mi chiedete questa e quell’altra farina per vostra figlia intollerante, a voi chiedo: chi ha mai pensato al panettiere senza farina sulle braccia, lontano dal bancone del pane? Avevo quattordici anni. Più di quarantanni passati così, tra un forno e una massaia, dalle due del mattino a l’una del pomeriggio. In quel lievito c’ho affogato le donne che avrei potuto avere, ho scelto di panificare invece di prolificare, infornare piuttosto che socializzare. Gli altri andavano in balera ed io al forno. Ed ora ho sessant’anni e senza il mio pane non sono nessuno. Presto non sarò nessuno.

Non posso fare altrimenti. Spenderò il mio tfr per un forno da piazzare in casa e la mia pensione andrà in malto, lievito e farina. E ancora tanto pane produrranno queste braccia infarinate. Pane fresco e buono per chi ne avrà bisogno. Impasterò tutto, questi strani pensieri, la vecchiaia, la vita mancata. Lo vedrò lievitare e per ogni pane sfornato il mio sorriso uscirà dalle nubi in cui lo aveva cacciato quell’infame pensionamento.



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