In attesa di un Papa che risollevi lo spirito dei fedeli e di un Governo che rigeneri il corpo dei cittadini, entrambi affranti da una crisi di valori morali ed economici senza precedenti, la Chiesa si rinchiude in Conclave e la politica si apre ad alleanze e compromessi, accordi e strategie per governare un paese che appare… ingovernabile. Intanto, chiudono le parrocchie e crollano i partiti! E così, senza più voler mescolare il sacro col profano, va da se che la fiducia dei cittadini verso i partiti si sia ormai ridotta ai minimi storici: la media, in un'ipotetica pagella su una scala da 0 a 10, si ferma al 2,3. Voti bassi anche per la fiducia verso il Parlamento (3,6), le amministrazioni locali, con il governo delle Regioni, delle Province e dei Comuni (4) e la giustizia (4,4). Lo rileva il Rapporto Bes (Benessere equo e sostenibile) messo appunto da Istat e Cnel. Il rapporto fa notare come si tratti di una sfiducia generalizzata verso le istituzioni più vicine alla politica, che attraversa tutti i segmenti della popolazione, le zone del Paese e le diverse classi sociali. Fanno eccezione i vigili del fuoco, che hanno il voto più alto (8,1) e le forze dell'ordine, con un giudizio più che sufficiente (6,5). E insieme alla fiducia cala il potere d'acquisto, cioè il reddito disponibile delle famiglie in termini reali, che durante la crisi è precipitato del 5% tra il 2007 e il 201. Gli italiani per difendersi dalla crisi hanno cercato di mantenere il proprio standard di vita attingendo ai risparmi accumulati o risparmiando di meno. Per di più, la crisi ha aggravato le disuguaglianze: nel 2011 il 20% più ricco della popolazione ha ricevuto un reddito di 5,6 volte superiore a quello del quinto più povero. Si tratta di un valore nettamente superiore alla media europea. Infatti, spiega il Rapporto Bes, dal 2004 la concentrazione della ricchezza è tornata a salire, pur restando inferiore a quella degli anni '90, e la quota di ricchezza totale posseduta dal 10% più benestante è aumentata nel 2010 al 45,9% (era al 44,3% nel 2008). Per contro, tra il 2010 e il 2011, l'indicatore della 'grave deprivazione' sale dal 6,9% all'11,1%, ciò significa che 6,7 milioni di persone sono in difficoltà economiche, con un rialzo di 2,5 milioni in un anno. Si tratta di individui in famiglie con 4 o più sintomi di disagio in un set di 9. In particolare è cresciuta la quota di individui in famiglie che dichiarano di non poter sostenere spese impreviste (dal 33,3% al 38,5%), di non potersi permettere una settimana di ferie all'anno lontano da casa (dal 39,8% al 46,6%), un pasto adeguato ogni due giorni se lo volessero (dal 6,7% al 12,3%) e che riferiscono di non poter riscaldare adeguatamente l'abitazione (dall'11,2% al 17,9%). Il rapporto Bes indica anche come il rischio di povertà, stimato a partire dal reddito netto disponibile, risulti più elevato della media dell'Ue e abbia raggiunto nel 2010 il 19,6%. E cresce l’indebitamento di quelle famiglie che proprio non ce la fanno più a tirare avanti. Solo nei primi 9 mesi del 2012 la quota delle famiglie indebitate, sostanzialmente stabile tra il 2008 e il 2011, ha segnato un balzo, passando dal 2,3% al 6,5%. E tutto questo aspettando un Papa che ancora non c’è ed un Governo che di nascere proprio non vuole saperne!
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In attesa di un Papa che risollevi lo spirito dei fedeli e di un Governo che rigeneri il corpo dei cittadini, entrambi affranti da una crisi di valori morali ed economici senza precedenti, la Chiesa si rinchiude in Conclave e la politica si apre ad alleanze e compromessi, accordi e strategie per governare un paese che appare… ingovernabile. Intanto, chiudono le parrocchie e crollano i partiti! E così, senza più voler mescolare il sacro col profano, va da se che la fiducia dei cittadini verso i partiti si sia ormai ridotta ai minimi storici: la media, in un'ipotetica pagella su una scala da 0 a 10, si ferma al 2,3. Voti bassi anche per la fiducia verso il Parlamento (3,6), le amministrazioni locali, con il governo delle Regioni, delle Province e dei Comuni (4) e la giustizia (4,4). Lo rileva il Rapporto Bes (Benessere equo e sostenibile) messo appunto da Istat e Cnel. Il rapporto fa notare come si tratti di una sfiducia generalizzata verso le istituzioni più vicine alla politica, che attraversa tutti i segmenti della popolazione, le zone del Paese e le diverse classi sociali. Fanno eccezione i vigili del fuoco, che hanno il voto più alto (8,1) e le forze dell'ordine, con un giudizio più che sufficiente (6,5). E insieme alla fiducia cala il potere d'acquisto, cioè il reddito disponibile delle famiglie in termini reali, che durante la crisi è precipitato del 5% tra il 2007 e il 201. Gli italiani per difendersi dalla crisi hanno cercato di mantenere il proprio standard di vita attingendo ai risparmi accumulati o risparmiando di meno. Per di più, la crisi ha aggravato le disuguaglianze: nel 2011 il 20% più ricco della popolazione ha ricevuto un reddito di 5,6 volte superiore a quello del quinto più povero. Si tratta di un valore nettamente superiore alla media europea. Infatti, spiega il Rapporto Bes, dal 2004 la concentrazione della ricchezza è tornata a salire, pur restando inferiore a quella degli anni '90, e la quota di ricchezza totale posseduta dal 10% più benestante è aumentata nel 2010 al 45,9% (era al 44,3% nel 2008). Per contro, tra il 2010 e il 2011, l'indicatore della 'grave deprivazione' sale dal 6,9% all'11,1%, ciò significa che 6,7 milioni di persone sono in difficoltà economiche, con un rialzo di 2,5 milioni in un anno. Si tratta di individui in famiglie con 4 o più sintomi di disagio in un set di 9. In particolare è cresciuta la quota di individui in famiglie che dichiarano di non poter sostenere spese impreviste (dal 33,3% al 38,5%), di non potersi permettere una settimana di ferie all'anno lontano da casa (dal 39,8% al 46,6%), un pasto adeguato ogni due giorni se lo volessero (dal 6,7% al 12,3%) e che riferiscono di non poter riscaldare adeguatamente l'abitazione (dall'11,2% al 17,9%). Il rapporto Bes indica anche come il rischio di povertà, stimato a partire dal reddito netto disponibile, risulti più elevato della media dell'Ue e abbia raggiunto nel 2010 il 19,6%. E cresce l’indebitamento di quelle famiglie che proprio non ce la fanno più a tirare avanti. Solo nei primi 9 mesi del 2012 la quota delle famiglie indebitate, sostanzialmente stabile tra il 2008 e il 2011, ha segnato un balzo, passando dal 2,3% al 6,5%. E tutto questo aspettando un Papa che ancora non c’è ed un Governo che di nascere proprio non vuole saperne!
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