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Un pasto in inverno, hubert mingarelli

Creato il 17 febbraio 2014 da Atlantidelibri

nel 2006 ci era molto, molto piaciuto UN INVERNO NELLA FORESTA, di HUBERT MINGARELLI, NOTTETEMPO.

Arrivato senza clamore da un piccolo editore il meritato Prix Medicis francese del 2003, ruotava attorno ad una storia minima d’amicizia fra quattro soldati disertori durante la Prima Guerra mondiale, sintetizzata con un stile asciutto e limpido da un autore francese schivo e riservato. Uno di quei personaggi che hanno fatto mille mestieri, e che con le sue storie si sta meritando un posto di spicco nella letteratura francese contemporanea.

 

La foresta è presente anche in questo nuovo libro, un racconto lungo che sembra quasi una piece teatrale con pochi elementi, con il consueto tono tagliente e limpido: la palestra in cui i soldati dormono, la campagna e la foresta in cui i protagonisti si spingono, una casupola in cui potersi riprendere dal freddo intenso che permea tutto il libro. Siamo nella Seconda guerra mondiale, e tre soldati tedeschi ottengono di poter andare a caccia di ebrei nelle campagne per non essere dover partecipare alle fucilazioni di massa della mattina. Troveranno un ragazzo ebreo fuggiasco, finchè uno di loro farà la fatidica domanda: e se questo qui lo lasciassimo andare, per farci sentire meglio? È un padre di famiglia a porre la questione, preoccupato anche per il fatto che il figlio non inizi a fumare: lasciare vivo uno di quelli vorrebbe dire tanto!

 

UN PASTO IN INVERNO, HUBERT MINGARELLI

Traduzione di Federica Romanò

Polonia, seconda guerra mondiale. Tre militari tedeschi, per evitare il compito ormai insopportabile di fucilare gli ebrei condotti al campo, ottengono il permesso per una missione all’esterno. Il loro incarico, non meno terribile ma più tollerabile, è stanare i pochi superstiti nascosti nella campagna circostante. Mentre marciano nel paesaggio glaciale, quasi loro malgrado trovano un giovane ebreo e lo fanno prigioniero. Ma durante una sosta per rifocillarsi, vengono assaliti dal dubbio. Uno di loro fa agli altri la proposta sconcertante: lasciarlo libero. Tutti loro ne hanno bisogno, dice: sapere di averne salvato almeno uno.
Questa è la storia di tre soldati e di una gelida giornata invernale. Di un ragazzo dentro un buco e di una casa abbandonata e spettrale. Di un uomo solitario con il suo cane e dell’interminabile cottura di una zuppa con semolino, cipolla, strutto e salame. Elementi disposti come in una fiaba, a rappresentare la banalità quotidiana e crudele di una delle più atroci tragedie dell’umanità.
Con questo suo prezioso romanzo breve, Hubert Mingarelli conferma la naturale vocazione della letteratura a raccontare l’indicibile.

“È questa la bravura di Mingarelli, portare il lettore oltre il fronte di guerra, là dove nessuno vorrebbe arrivare”.
Libération

 

Bonus,  tre interventi di Paolo Nori sul tema dell’Olocausto: 

 

Paolo Nori, Si sente? Marcos Y Marcos

 

Per noi, la storia, la storia a noi contemporanea, noi è come se abitassimo tutti in un appartamento al settimo piano che dà su uno snodo ferroviario ma ci abitiamo da tanto di quel tempo che se ci chiedono «Ti dà fastidio, il rumore dei treni?» ci vien da rispondere «Il rumore dei treni? Che rumore? Che treni?» Questo non vuol dire che i treni non facciano rumore. E non vuol dire che a concentrarsi, a tendere l’orecchio, come si dice, non si senta, quel rumore, il rumore che il treno della storia fa in questo preciso momento che noi siamo qui.

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