Quando se ne va una persona cara, un parente stretto, è un pezzo di storia della famiglia che si chiude.
Non ci sono giustificazioni e frasi fatte per colmare il vuoto, come :” …era molto anziana, ha vissuto bene , meglio così ha finito di soffrire ecc.”
Mia zia aveva quasi 96 anni e nonostante fosse allettata voleva vivere ancora. Assistita con amore filiale dalla sua badante, ha chiuso gli occhi serenamente.
Era la sorella maggiore di mia madre, la così detta vicemamma, quella che seguiva i fratelli più piccoli quando mia nonna per vari motivi non poteva farlo. Ha vissuto tra le due guerre, il dramma dei bombaradamenti, e la difficoltà a riprendere gli studi portati poi a termine con grande sacrificio. Doveva farlo perchè era importante il suo sostegno economico (era un’insegnante elementare), quando la famiglia si è ritrovata sfollata dopo la guerra.
Era molto autoritaria e fino all’ultimo, faceva quasi sorridere, bacchettava con piglio severo le sorelline (ultraottantenni) se queste non si controllavano nella linea o non abbinavano bene i capi d’abbigliamento.
Ci ha lasciato così, addormentandosi serenamente col sorriso sulle labbra nella sua casa piena di ricordi della nostra famiglia. Lo scorso anno, quando ancora era lucida, avevo voluta intervistarla per la Banca della Memoria, per non perdere quei ricordi, quel pezzo di storia drammatica dei bombardamenti sulla città di Cagliari, raccontati direttamente da chi li aveva vissuti in prima persona.La voglio ricordare così.
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