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Un pezzo di vita in un… trolley

Da Benben73

Ciao!

Adesso vi mostro una brutta foto. Questa:

Storia di un trolley

L’ho scattata questa mattina, verso le 9, sul pianerottolo di casa, mentre m’accingevo ad uscire. Lo so: è veramente pessima, ma ai fini di questo articolo poco importa la bellezza o la bruttezza dell’immagine. Ciò che conta è la sostanza e non potevo non immortalare il momento.

Ogni foto scattata racconta una storia, un’emozione, uno stato d’animo. Così si dice o credo d’averlo letto. Di certo, ciò che una foto vuol raccontare spesso va oltre l’oggetto immortalato, trascende l’immagine stessa. E qui, in questo superare il visibile, se Tizio o Caio o Sempronio vogliono capire l’intento di chi ha fermato la realtà devono essere in possesso o d’immaginazione o di uno straordinario animo sensibile.

Esaurito il prologo, cosa si vede in questa foto? S’intravede il pavimento (ovvio), un pezzo di muro bianco (ovvio), le porte grigie di un freddo ascensore cigolante. In primo piano ci sono due oggetti. Una borsa di carta (un ordine da consegnare) ed un trolley grigio. Ripeto: una banale e bruttissima foto. Eppure, questa foto è importante. Lo è per me. Perché? Perché narra la storia del trolley.

Un trolley, avete letto bene. Un trolley. Sissignore! Una banalissima quanto anonima valigia. Eppure… Eppure è da ieri sera che vado esclamando: <<Ma ti rendi conto?!>> (chiedete pure ad Alessia se non dico il vero).

Questo trolley da ieri sera fino a poco fa si è tramutato, come per magia, in un “passa-porta” (cit. “Harry Potter ed il Calice di Fuoco” di J.K. Rowling): un oggetto banale (o di uso quotidiano), cioè, capace di trasportare una persona da un luogo ad un altro. Ovviamente, per rendere l’oggetto idoneo allo scopo, occorre stregarlo con l’incantesimo Passa Porta, ovvio, no? In questo caso, senza alcun apparente incantesimo, sono stata trasportata non da un luogo ad un altro, bensì dal presente al passato e dal passato al presente. Insomma, una sorta di viaggio andata / ritorno nel tempo.

Sì, perché proprio questa valigia l’acquistai e la usai nel mio passato per recarmi a Brescia per fare l’esame di stato; un esame che ancora oggi, certe volte, sogno (nella sessione d’esame onirica mi si pone sempre una domanda di botanica. Chissà perché?!). Allora come oggi era piena, sì, ma di codici. Aveva le dimensioni giuste per poter incastrare alla perfezione il Codice Civile e il Codice Penale annotati con la giurisprudenza, oltre ai Codici di Procedura Civile e Procedura Penale (anch’essi annotati con giurisprudenza), un 4 Codici per facilitare la consultazione e l’immancabile vocabolario d’italiano della Garzanti. A conti fatti, questo trolley era pieno – fitto fitto – di parole scritte – in piccolo piccolo – su pagine  – sottili sottili –  come quelle della Bibbia. Un particolare ve lo concedo: tra tutti i tomi elencati, il mio preferito era il vocabolario. Lì, ad ogni parola imparata e fatta mia, una spunta grigia ne indica la metabolizzazione.

Quel trolley mi accompagnò dall’uscita dello studio legale in cui facevo pratica fino a casa; poi, da compagno taciturno e fedele, mi accompagnò fino a Brescia e lì, nel palazzetto dello sport, vi rimase tre giorni (legato con lucchetto alla gamba del banco), in attesa di ritornare a casa ed essere, finalmente, svuotato di tutte le parole che lo rimpinzavano in composto ordine.

Vedete, questa mattina, svegliata di buon ora da una sorta d’agitazione da pre-esame di stato, col mio anonimo trolley sono andata in uno studio legale. In realtà, la mia piccola e breve trasferta in città era dettata dalla necessità di fare una consegna (la borsina di carta) e, allo stesso tempo, ho colto al volo l’occasione per rispondere ad un invito: mostrare una parte di quest’isola, gomitolosamente felice, alle donne dello studio legale.

Col mio anonimo oggetto “passa-porta” ho rifatto la stessa strada di allora. Ho parcheggiato l’auto, come allora, al garage Mazzini e con ansia – da pre esame di stato – mi sono recata nello studio legale. Oddio! Mi fa strano ancora adesso mentre lo scrivo.

Ambiente serio, praticante in procinto d’essere mandato in tribunale, faldoni ovunque, il telefono squilla e richieste di copie  di documenti da parte dell’avvocato… Ed io lì, che saluto, e mi faccio ancora più piccola di quel che sono. Il trolley accanto. Ed il pensiero d’avere addosso un qualcosa di elfico: il piumino rosso (che tanto fa natale) e le mie calze colorate, rigorosamente handmade, nelle scarpette verde elfico…  E tutto, in uno studio legale!!! Ironia della sorte? Un ironico parellelismo tra le mie due vite: quella da avvvvvvvv…. e quella da elfo?

Una, anzi due sono le certezze di questa giornata: 1) il piccolo grigio trolley non era pieno di parole, ma di me: di colori e fili intrecciati; 2) ho scoperto – ieri – che riempire il valigino “passa-porta” di Nuvole e Gomitoli e sogni è un’operazione difficile ed estremamente delicata.

Seduta sul mio divano giallo, mi sento osservata. Il trolley mi fissa ciccioso. Penso che, in cuor suo, mi voglia ringraziare per averlo alleggerito con nuvole e sogni. Passo ancora un veloce sguardo sulla brutta foto di questo articolo e mi dico: sì, questa brutta foto dice molto, ma molto di più di quel che si vede.

Ed ora… gomitoli a me!

Un abbraccio ed al prossimo gomitoloso post, Benben <3"><3"><3


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