Un po’ di geografia letteraria.
Arno Klein (da Torino) che scrive: [...]“è uno di quei romanzi che riesce a raccontare tantissime cose e anche di più. In un contrappunto di tempi, di luoghi che si rincorrono tra passato e presente, di città e di campagne. è un libro che parla di famiglie, di ricerche, di cicatrici, di guerre – come ha sottolineato più di una volta Cristiana -, di quelle guerre sole e solitarie che combattiamo sempre, e parla di politica e di perdite. è un libro che parla di infanzie, di tante infanzie, di come si vivono, di come ci costruiscono. Ed è un libro che parla d’amore, e lo fa in un modo strepitoso, alternando pieni e vuoti da riempire. e leggendolo, fin dalle prime pagine, si ha l’impressione di essere alla continua ricerca di qualcosa, e che ogni incontro, ogni città, sia la piccola parte di quell’uno che piano piano si andrà a trovare e costruire. è difficile parlare di un libro così se non dicendo a tutti di leggerlo.” [...]
Patrizio Zurru (da Cagliari) che lo consiglia sul comodino.
Sabina Rizzardi (da Venezia), ospitata sul sito della libreria Marco Polo: “Aggiungo Cristiana Alicata al gruppo dei [miei] scrittori nati a metà degli anni Settanta. Da un annetto a questa parte mi sono resa conto di come sia amabile trovare raccontata nei libri tutta quella sostanza organica complessa e incasinata, l’humus quotidiano che ha nutrito la mitologia privata della mia generazione. A un certo punto, per me, è diventato un confronto necessario, anche sulla carta. Spesso mi domando se ci sia stato un momento preciso di quegli anni in cui è cominciato tutto il casino e mi rispondo che le radiazioni di Chernobyl sono in parte responsabili degli organismi emotivamente modificati che siamo, mutazione che, più o meno bene, ci permette di calvacare una condizione esistenziale a onde alte. Anche in queste pagine le vocali riconquistano il loro posto nel mondo quotidiano.”
Chiara Trevisan (da Torino): “Battaglie solitarie e invisibili, comuni eppure raramente condivise, capaci di isolare più di un coprifuoco in tempo di guerra. Il maggior pregio del suo libro, per questa Lettrice che ne macina a dozzine, è quello di superare l’isolamento, la definizione di un lettore designato, la classificazione di un genere. Leggere di vicende che non ti appartengono e nelle quali ti riconosci. In poche parole, buona letteratura, no?”
E infine (da Foggia) Mara Mundi: [...] Un errare quasi epico, come è dichiarato già in una delle due epigrafi selezionate in apertura: l’incontro di Ulisse con Nausicaa, nei versi del sesto canto dell’Odissea tradotta da Salvatore Quasimodo. E la mitologia torna, qua e là, anche nel romanzo, quando la voce narrante si sente come Circe o teme di fare la fine di Didone, si fa domande su Zeus, si percepisce ora come Enea ora come l’uomo dal multiforme ingegno. Forse perché il mito contiene tutte le storie e può tenere insieme, e quasi incollare, anche la sua storia, che le appare senza racconto, senza i ricordi della festa, delle domeniche insieme, della tradizione, senza l’odore che hanno tutte le famiglie. [...]