La vedo.
Le brillano gli occhi perché suona il cellulare ed è lui.
La chiama spesso, noncurante del fatto che lei sia qui, in ufficio.
Lei allora scappa fuori e parlano. Di loro, di progetti, di intenzioni.
A volte lei non può allontanarsi e allora gli parla seduta alla scrivania.
Risponde con frasi spezzate, monosillabi, risolini.
Per non far capire lui cosa ha detto.
Per non far capire che lei adora sentirsi porre quelle domande.
Lo saluta sempre con un "Ciao, amore!" e poi sorride al muro che ha di fronte.
Sento cosa prova e vorrei dirle di stare attenta.
Ma lei, con me, non parla.
Non parla perché non sa che io ho vissuto le sue stesse emozioni, le sue stesse illusioni e sono stata delusa.
Delusa perché quando costruisci un castello di fantasie amorose nella tua testa fare i conti con la realtà è dura. E' veramente dura.
Ci ho messo un minuto a capire che quello che avevo davanti non era quello che volevo.
E ci ho messo tre anni ad interrompere una relazione che non volevo.
E ora non trovo le parole per dirle di non fare i miei stessi errori.
Perché ho paura che queste illusioni siano l'unica cosa che le diano una ragione per svegliarsi la mattina.