Magazine Cultura
Un polpo alla gola / Zerocalcare. Milano: Bao Publishing, 2012.
I grandi successi editoriali, così come le mode del momento, mi creano sempre delle resistenze e delle perplessità. Ecco perché quando Zerocalcare è diventato una specie di fenomeno di costume, sulla bocca di chiunque, anche di chi i graphic novels non sa neppure cosa sono, mi sono un po' irrigidita.
Alcune delle storie brevi che Zerocalcare (alias Michele Rech) pubblica sul suo blog sono notevoli e davvero esilaranti (questa qui l'avevo trovata geniale: I vecchi che usano il pc), ma in generale il suo stile un po' tardo adolescenziale, il profluvio di parole che commentano i fumetti e il suo cinismo politicamente scorretto a tutti i costi spesso mi innervosiscono.
Avevo perciò quasi deciso di non comprare nessuno dei suoi recenti successi editoriali, ma non ho resistito. Mi sono detta che non posso parlare finché non tocco con mano. È così ho comprato Un polpo alla gola e mi appresto a comprare anche La profezia dell'armadillo.
Intanto ho letto il primo (che poi è il secondo di Zerocalcare) e non ho cambiato idea. Continuo a pensare che la componente tardo-adolescenziale dei racconti di Zero sia volutamente altissima (e la cosa può piacere ed essere molto divertente, oppure anche no). Zero ci bombarda di parole, nelle quali a volte si finisce per perdersi (soprattutto su una storia lunga come questa). Personalmente risento anche della differenza generazionale, visto che l'immaginario di riferimento di Zerocalcare e del se stesso protagonista del fumetto appartiene alla seconda metà degli anni Ottanta e prima metà dei Novanta e dunque decisamente successivo ai punti di riferimento della mia infanzia-adolescenza (sebbene alcune invenzioni nella rappresentazione della sua coscienza siano davvero straordinarie). Per esempio non ho mai visto una puntata di David Gnomo e sebbene le sue fattezze qualcosa mi ricordino non ho idea di che tipo di personaggio stiamo parlando...
La storia di Un polpo alla gola è una specie di giallo che attraversa tre fasi della vita di Zero: l'infanzia, l'adolescenza e la giovinezza, ed è una storia di sensi di colpa che si scioglieranno soltanto alla fine. La frase chiave sui cui si incentra il racconto è quella che la maestra Arbizzati dice ai suoi allievi: "Non si guarisce mai dalla propria infanzia", frase bellissima e in buona parte condivisibile che getta un'ombra obliqua sul fumetto.
Narrativamente si nota qualche sbavatura nel racconto - d'altra parte è la prima prova lunga di Zerocalcare - ma la lettura prende.
In conclusione, l'albo mi è piaciuto ma non mi ha entusiasmato, forse perché la vena un po' ca**ona di Zerocalcare non combacia del tutto con quella mia un po' malinconica che mi porta a preferire approcci diversi a tematiche tutto sommato simili.
Detto ciò ho deciso che leggerò anche La profezia dell'armadillo perché voglio vedere se sulle strisce brevi l'effetto finale è diverso.
Fans di Zerocalcare non me ne vogliate. De gustibus...
Voto: 3/5
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