Con questo articolo, iniziamo a scendere in verticale nell’applicazione pratica delle tecniche e degli strumenti di coaching e mental training alle varie discipline sportive.
In particolare parlerò di Coaching applicato al Calcio (da sempre la mia passione).
Visto che nel Calcio il numero “1” spetta al portiere, il mio primo articolo non poteva che essere incentrato proprio sugli estremi difensori.
Quante volte avete sentito dire che i portieri delle cosiddette “grandi” devono essere sempre concentratissimi perché ricevono 2/3 conclusioni a partita e su quelle devono essere al TOP? Ma la domanda è: per essere al TOP per solo pochi momenti della partita, è necessario essere in totale concentrazione per 90 minuti?
La mia risposta è NO.
Il portiere ha un ruolo totalmente diverso dal resto della squadra: diventa “parte attiva” solo in pochi momenti della gara (anche se una squadra subisce per tutti i 90 minuti) ed è in quei momenti dove deve essere al TOP della concentrazione, ma negli altri deve trovare il modo di “rilassarsi”. Per farvi un esempio, è come se andassimo in auto su di una strada dritta ma con tanti semafori e, anche quando si è fermi al “rosso”, tenessimo sempre il piede sull’acceleratore senza mai sollevarlo. Il risultato è che, si consuma molto più carburante e che il motore rischia di rompersi. Sarebbe molto meglio sollevare il piede dall’acceleratore quando ci si ferma, per poi premerlo nuovamente appena compare il “verde”.
Ma la concentrazione non è un pedale da schiacciare, spesso ci vuole tempo per trovarla. Allora, come fare?
È qui che entra in ballo il Coaching: esiste una tecnica che si chiama ANCORAGGIO, che consiste tecnicamente nell’associare (“ancorare”) una sensazione ad uno stimolo, “un’azione concreta” (un esempio è la danza pre-partita degli All Blacks alla quale i giocatori associano energia, forza, carica, coraggio, ecc.). Un portiere può associare (o “ancorare”) le sensazioni che prova quando è al TOP della concentrazione ad un’immagine che vede (es: la palla supera una certa zona del campo), ad un qualcosa che dice (es: una sorta di “mantra”), o ad un gesto che fa (es: battere i guanti). L’ancora è tanto più potente ed efficace se fa queste cose tutte assieme.
Tornando alla metafora dell’automobile di prima, ora ci troviamo nella fase in cui siamo “a tavoletta” (dove il portiere è al TOP della concentrazione), ma adesso è fondamentale “alzare il piede dall’acceleratore”. Il procedimento è sempre lo stesso: è necessario ancorare le sensazioni che il portiere prova quando è rilassato ad un’immagine che vede (es: la palla esce dalla “zona critica del campo”), ad un suono (es: quello di un bel respiro profondo) o ad un gesto (es: sciogliere le braccia ed appoggiare la schiena contro al palo). Anche in questo caso, più cose il portiere fa per indurre la sensazione di “relax”, più l’ancora sarà veloce ed efficace.
Chiaramente questi procedimenti non sono immediati, ma vanno allenati tanto quanto le uscite alte e basse, i rinvii dal fondo, i tuffi, i riflessi, ecc. Deve farla diventare parte di lui e per farlo deve applicare la famosa regola del “F.F.R.” (acronimo di “Fare, Fare e Rifare”). Devono diventare delle vere e proprie routine. Solo in questo modo si può creare un Ancora di questo tipo (ON-OFF).
Grazie a questo procedimento, un portiere può risparmiare tantissime energie fisiche e nervose, ha la certezza di non arrivare a fine partita (spesso la parte cruciale del match) con le “batterie sovraccariche” e soprattutto ha la possibilità di sfruttare appieno le proprie energie nei momenti in cui lui deve essere decisivo.
Di Giuseppe Montanari