Nessuno può decidere dove nascere.In pochi possono stabilire dove vivere.Ma molti, se lo volessero, potrebbero scegliere dove morire.
Uscendo, impercettibilmente forse, esitai. Per questo:
Mi distanziai da casa lentamente, assorto e quieto. Non feci troppa attenzione attraversando la strada.Poi me ne scostai per cercare un posto tranquillo, ben riparato. Sulla strada si guarda solo avanti, e di buoni posti non se ne vedono. Anche per questo quei posti sono così buoni.La netta, improvvisa demarcazione tra luce e buio che mi si presentò davanti mi disse che ero arrivato. Qui. Finchè io sarò, questo luogo resterà invisibile al confine del mondo.Qui, quando il vento tirerà dalla direzione giusta, potrò sentire l'odore di casa.Mi stesi su di un letto di foglie d'alloro cadute.Io so chiamare le cose con il loro nome.I miei baffi sono vibrisse.
sempre ci son state cose che io sapevo e tu no, e questa era una,
La fame mi prese subito, perché sapevo che non avrei più potuto mangiare.Da qui potrei persino intravederti, se mi venissi a cercare. Ma non mi troverai, perché sono perfettamente nascosto, e forse, se anche tu mi vedessi, non mi riconosceresti più.Io sono già un'altra cosa.
e ti volli offrire l'occasione di specchiarti ancora un'istante nei miei occhi;
Per un lungo periodo non sentii altro che risuonare di passi lontani. Non vidi altro che fili d'erba dondolarsi dolcemente. Al primo calar della luce, dei fiori che chinavano il capo con solennità. M'addormentai, infreddolito. E sognai di correre, correre a perdifiato, giù, per una collina, quand'ecco spuntare un topo, cacciarlo, impetuoso, come il vento alla schiena, ed infine tenergli stretta sotto alla zampa la coda, come una carica a molla, per poi rilasciarla e vederlo scomparire lontano; e poi correre, correre e saltare, in alto, e sorridere. Sorrido anch'io, nei sogni.
un'ultima carezza.
Mi svegliai: mi svegliarono le foglie che cadevano su di me. Ognuna mi provocava un tremito che mi sconquassava, che mi faceva temere di cadere, di cadere da un tetto altissimo, giù, alla velocità che prendono le cose che non hanno più un luogo dove atterrare. Dal mio cervello partì impotente l'ordine perentorio diretto al mio corpo – sordo – di torcersi per riacquistare la posizione orizzontale.A vuoto si contrassero i miei muscoli, senza uno scopo preciso.Poi sentii che mi stavo irrigidendo.Gran parte del mio corpo, mi pareva, incominciava ad attaccarsi al terreno umido. Divenne terra.Nello stomaco, capii che le mie estremità erano divenute pietre.Mi sembrò che le pareti della gola aderissero.Nel frattempo, incessante, risuonava ancora, sempre, inevaso, quell'ordine.
Non mi stai vedendo tornare: stai pensando a quei momenti?
Non ho l'anima, e sia. Io corro e salto, caccio e lotto. Voglio bene, amo ma so anche provare rancore, rabbia. Senso di costrizione e di libertà, ho paura e so terrorizzare, sanguino e posso far sanguinare. Sogno, t'accarezzo e cerco i tuoi abbracci, il calore, perché provo caldo e freddo, mangio e bevo quando ho fame e sete... cago, piscio, sì, va bene, perché sono solo sangue e carne ed ossa, anzi, nemmeno: ossi. Soffro la noia e la solitudine e gioco, e ti vengo a cercare. Scruto l'orizzonte, ed amo il cielo e la luce, il vento, il buio e la notte. So l'alto e il basso. Dipende dalla razza? ... Io! Io! Io!!! Io m'accostai alla tua mano, io scelsi te e venni a vivere nella casa in cui stai, io riconosco i tuoi passi, il tuo umore, il tuo respiro. Io! Io so tutte queste cose, io ho avuto questo mio tempo. Amo stringere qualcosa fra le zampe per poi lasciarlo volare via quando voglio io. Amo il sole. Ho un senso del comico ed uno del tragico. Persino uno logico: cosa mi spingerebbe altrimenti ad andare a morire nascosto da tutti?La razza? … Io! Io! Io!!! Ti vengo incontro e ti chiamo senza parlare, cerco il tuo odore su di me. Ho vegliato i tuoi sonni, io. Ho traguardato nella tua notte.E cosa farebbe, dunque, quest'anima che voi dite di avere?
Io ho un nome che voi non avete mai udito.
Un silenzio strano, innaturale, mi ricordò la mia solitudine irrimediabile. Il vento, lieve, tra le foglie, così, poi, m'illuse di sentire il nome con cui mi chiamavi. Fu un dono dell'immaginazione: fu soltanto per ricordare la tua voce.Sentii schiaffi e carezze, calci ed abbracci.
Tu hai una voce che non hai mai udito.Pensando di star continuando a sognare, poi, schiusi gli occhi: davanti al mio sguardo le cose mi sembrarono all'improvviso nuotare in uno spazio disciolto, in un mondo liquido, le vidi spostarsi lentamente, senza sosta, senza scopo. Poi, quando credetti che il tempo si sarebbe ormai fermato, eccolo riprendere improvvisamente velocità, da un momento all'altro intraprendere una corsa furiosa, ed in un turbine fragoroso trascinarmi con sé, aggrappato al cornicione dell'attimo presente, su, nel cielo, e tutto il tempo in un istante infinito lampeggiò davanti ai miei occhi increduli.Ed ebbi paura, ma ero quasi arrivato.Mi ritrovai trasportato su di una nuvola. Ebbi freddo.Desiderai far piovere. Per sgravarmi, per scaldarmi al suolo.Raddrizza il tuo corpo.Per sentirti ancora per un momento vicino.Raddrizza il tuo corpo.Quando ti sarai rassegnato all'idea di non rivedermi mai più, io già da molto tempo sarò ritornato al tuo fianco.Raddrizza il tuo corpo.Volli poi asciugare, evaporare per tornare al cielo.Il cielo mi piace.Il cielo conosce il mio nome, ricorda la tua voce.Sono di casa.Qui e dappertutto.