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Un racconto

Da Nino Bonaiuto @cambiaremente
Desidero condividere con voi un racconto che sto scrivendo, nelle pause dei lavori fra un romanzo e l'altro.
TUNISI
Quando sbarcò a Tunisi, il sole era accecante e faceva molto caldo. Dopo aver passato i controlli di dogana, uscì a prendere un taxi che lo portasse in albergo. Finalmente le vacanze. Dopo due anni di convivenza Renzo lo aveva lasciato e lui era rimasto solo. Si era disperato per due settimane, poi – aiutato dagli amici e in particolare da Elena – si era rassegnato a un periodo di solitudine.«Vedrai che presto qualcuno lo trovi», lo aveva confortato Elena.Alessandro aveva sognato una vacanza con Renzo a Formentera, ma adesso, da solo, aveva scelto Tunisi, poiché era incuriosito dai paesi arabi e di certo non sarebbe potuto andare in Tunisia con Renzo, dato che i paesi di religione islamica non sono molto tolleranti verso le coppie gay.
Il suo albergo era nella periferia della capitale tunisina, si trattava di un grande resort, con piscine e grandi spazi per praticare sport.Arrivato in stanza, una singola lussuosa, luminosa e dotata di ogni comfort, all'improvviso si sentì solo e gli venne un moto di autocommiserazione.Si forzò a disfare i bagagli e a scendere nella hall, per togliersi la malinconia di dosso e per esplorare il posto dove avrebbe trascorso una settimana in pieno relax.
C'erano diversi turisti, per lo più giovani, da diversi paesi, ma la maggior parte sembrava provenire da Francia e Germania.Si iscrisse alla gara di nuoto, giusto perché si svolgeva dalle undici all'una, l'intervallo da riempire fra risveglio, colazione, doccia e il pranzo. Poi, nel tardo pomeriggio sarebbe uscito per visitare la città. Purtroppo a Tunisi, fino alle cinque del pomeriggio, uscire per strada era sconsigliato, a causa del forte calore e del sole a picco.
Ripensò a Renzo, dov'era in quel momento? Di sicuro con il suo nuovo boyfriend, il tipo palestrato e tatuato di venticinque anni, coi capelli pettinati a cresta, che aveva rimediato in una discoteca.Alessandro era molto meno “alla moda”, niente tatuaggi, niente piercing, niente palestra, niente pettinature stravaganti. Coi suoi trent'anni sapeva di essere un bellissimo giovane uomo, normale, in forma. Se avesse voluto, non sarebbe stato difficile trovare un uomo che lo apprezzasse. Ma lui non era così frivolo da passare facilmente da una storia a un'altra. “Non si scherza col cuore”, era solito ripetere ai suoi amici. Ci avrebbe pensato dopo questa vacanza, una volta tornato a Torino.
Il giorno successivo, dopo un sonno ristoratore, all'ora di nuoto si ritrovò a bordo piscina con altri dieci nuotatori, tutti tra i venti e i quarant'anni, tranne un signore – che poi scoprì essere un tedesco – visibilmente più stagionato, intorno alla cinquantina.L'albergo, per rispettare gli usi del luogo, aveva istituito gare solo per uomini o solo per donne, ed anche l'animatore era uomo, nel caso di gare maschili o donna, nel caso di gare femminili.
L'animatore della gara di nuoto si chiamava Ahmed, uno splendido ragazzo snello, scuro di carnagione, dai lineamenti arabi e dai cortissimi capelli ricci. Un bagnino dal corpo perfetto. Indossava solo degli slip da nuoto rossi. Alessandro pensò a come sarebbe stato far l'amore con lui, ma subito distolse il pensiero: non era il caso di eccitarsi, dal momento che anche lui indossava uno slip da nuoto.Il ragazzo arabo si esprimeva in inglese e in francese, ma sapeva anche dire qualche parola in italiano e in tedesco.
Tra i nuotatori Alessandro vide che c'erano altri italiani: un tipo cicciottello e peloso della provincia di Matera, che poi seppe si chiamava Giulio, e un altro ragazzo, molto bello, snello, sui trent'anni anche lui, moro, molto riservato.Finita la gara, vinta da un francese ventenne molto atletico, Alessandro si fermò a parlare con questo suo coetaneo timido. Scoprì che era un ventisettenne di Asti e si chiamava Cesare. Era andato in vacanza con una comitiva di amici, cinque compreso lui: due amiche con i rispettivi ragazzi e poi lui da solo, visto che la sua ragazza, Miriam, quell'anno doveva lavorare. Lo studio notarile, presso il quale era stata assunta con contratto di quattro mesi, quell'anno avrebbe chiuso per due settimane solo a settembre.Cesare era proprio bello. Aveva un sorriso aperto che allargava il cuore. Alessandro non poté fare a meno di rimanere profondamente colpito dai suoi occhi scuri, così belli, così innocenti. “Promettono il paradiso”, pensò. “Beata questa Miriam!”, sospirò.Moro, capelli cortissimi, fisico atletico e peloso, più il giovane torinese lo guardava e più s'accendeva di desiderio.Poi, all'improvviso Alessandro colse lo sguardo di Cesare che s'abbassava all'altezza del suo inguine. Lo stava guardando! Fu un attimo: il giovane astigiano si ricompose rapidamente, ma quell'attimo bastò ad Alessandro per accendersi di speranza. Il cuore gli sobbalzò in gola.Sorrise alla volta di Cesare, che ricambiò il sorriso.«Posso invitarti a pranzo?», chiese Alessandro. «Sicuro», rispose Cesare. «Prima però devo dirlo ai miei amici, se no poi mi aspettano».«Certo, ci vediamo fra dieci minuti nella mia stanza, la 228. Sulla porta c'è la figura di un papavero», spiegò il giovane di Torino.
Quando Cesare bussò alla porta, Alessandro s'era già rivestito con una camicia bianca di lino e un paio di pantaloncini di cotone color avana, che gli coprivano a malapena le ginocchia.Cesare da vestito era, se possibile, ancora più bello che in tenuta da nuoto.«Accomodati», disse Alessandro, con un sorriso carico di aspettative. «Sei bellissimo», non poté fare a meno di commentare.Cesare lo guardò incuriosito, alzando il sopracciglio sinistro. «C'è qualcosa in te che mi attira, devo ammetterlo», esordì Cesare un po' a disagio. «Sono etero, ho la ragazza e ti assicuro che fra noi il sesso è soddisfacente. Ma, non so come dirtelo...», disse avvampando in viso. «Mi ti farei», disse conclusivamente, guardandolo negli occhi, con un sorriso di sfida.Alessandro non disse niente. Si avvicinò, lo abbracciò forte forte e cercò la sua bocca. Il bacio fu lungo e profondo.Cesare apparve molto turbato. «Non avevo mai baciato un altro maschio, prima d'ora». Alessandro vide con piacere che nei calzoncini di Cesare c'era una evidentissima prova della sua eccitazione.Fecero l'amore, con lentezza, gustando il piacere sublime fino alle vette dell'orgasmo.S'erano fatte le tre e i due ragazzi rimasero a riposare, sul letto a una piazza e mezza che l'albergo prevedeva per le stanze singole.Si raccontarono, senza mai staccare gli occhi l'uno dall'altro, le loro storie più recenti. Scesero nel bar dell'albergo, si fecero dare due kebab, che divorarono in men che non si dica, per poi ritornare nella camera di Alessandro.Ebbero di nuovo voglia l'uno dell'altro e fecero nuovamente l'amore, con la stessa energia e con la stessa foga di prima.Anche se stanchi, i due uomini erano felici e soddisfatti, eccitati dalla novità di un rapporto che entrambi trovavano bellissimo.Dopo le cinque uscirono e andarono in centro, dalle parti della Grande Moschea. Il grande mercato di spezie, seta e profumi, li attendeva con le sue vie strette, i colori accesi e i profumi da lasciare storditi.Alessandro sentiva di essere già legato a Cesare. Quando pronunciava il suo nome, lo faceva con rispetto e a voce bassa, come se avesse paura di sciuparlo.Cesare non si staccava un attimo da Alessandro, la sua figura e forse i tre anni che aveva più di lui, lo facevano sentire sicuro, protetto.Girarono tutti i negozietti che si susseguivano interminabili. Alessandro trovò una rosa del deserto, quel minerale che è abbastanza facile rinvenire fra le sabbie del Sahara. Cesare comprò dei profumi per la sua ragazza.
Tornati in albergo, i due uomini si baciarono ancora, ma decisero di risparmiare le forze per il giorno seguente.Cesare tornò nella sua camera insieme ai suoi amici. «Ma che fine hai fatto?», gli chiese Adele, una sua vecchia amica fin dai tempi delle scuole medie. «Guarda che lo dico a Miriam, che sparisci tutto il giorno, e magari te la fai con qualche bella francesina», sogghignò in tono scherzoso.«Ma no, sono stato a riposare e poi sono uscito con un ragazzo di Torino, che viene alle gare di nuoto con me. Siamo andato al suk di Tunisi, quello bello, in centro».«Bhe ce lo potevi dire, che ci venivamo anche noi, invece di starcene qui a guardare lo spettacolino dell'albergo», lo rimproverò Piero, il ragazzo di Adele.Cesare si sentiva a disagio, odiava se stesso per il fatto di dover mentire ai suoi amici. Nella sua testa c'era tanta confusione, tanti desideri contrastanti e tanti sensi di colpa.
(continua)

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