“Infuria la polemica sul monumento di Vittorio Emanuele II che a breve verrà posto in piazza Aldo Moro, luogo dal quale era stata tolto perché pericolante dopo un attentato l’11 giugno 1946, ossia pochi giorni dopo la vittoria della repubblica al referendum del 2 giugno”… sarebbe bello iniziare così un articolo sulla questione, ma la verità è che non infuria nessuna polemica, poiché, come troppo spesso oramai accade, la ricezione da parte della cittadinanza di qualcosa che la riguarda è perlopiù passiva. L’attacco corretto dovrebbe allora suonare più o meno in questo modo: “Non infuria abbastanza la polemica sul monumento ecc ecc”. In queste poche righe si vogliono proporre alcuni spunti di riflessione con il fine di smuovere, stimolare un barlume di discussione che, fino ad ora, non pare svilupparsi. Il disinteresse rispetto a certe decisioni che riguardano la storia e l’identità culturale di una comunità cittadina è sempre preoccupante.
La statua di Vittorio Emanuele II che si vuole rimettere nella pubblica piazza è un monumento. Il monumento, come scriveva lo storico George L. Mosse in La nazionalizzazione delle masse, non è mai neutrale, non ha soltanto una dimensione estetica, ma possiede un determinato significato politico e storico, comunica un concetto insomma. Il punto sul quale si vorrebbe focalizzare l’attenzione allora è: qual è il significato di un monumento dedicato ad un esponente dei Savoia? Tralasciando le responsabilità storiche della casata per aver trascinato l’Italia nel Ventennio fascista e in quel disastro che fu la seconda guerra mondiale, quale significato può avere questo tipo di monumento per la città? Davvero tutto ciò che è nel passato deve trovare posto nella nostra identità culturale? E ancora, per valorizzare una coscienza e una consapevolezza storica, la statua di un Savoia è davvero il mezzo più adeguato? È veramente significativo per la cittadinanza un’operazione culturale senza una reale discussione e riflessione? In un periodo come questo, dove la crisi economica lacera e atomizza la società, la quale a sua volta sta vivendo grandi rivolgimenti, divenendo sempre più multiculturale, ha davvero un senso la posa della statua di un re? Non sarebbe meglio incoraggiare una serie di esperienze collettive dal basso capaci di elaborare autonomamente una coscienza della storia della propria città, attraverso una connessione tra luoghi vissuti quotidianamente e esperienze del passato? Esempi in altri paesi europei non mancano, basti pensare all’esperienza dell’Alltagsgeschichte (storia del quotidiano) nella Germania occidentale degli anni Ottanta, animata da cittadini (insegnanti, appassionati di storia, semplici curiosi) che riservava la sua attenzione alla storia locale e rivendicava per la comunità cittadina il diritto di formarsi da sé la propria coscienza storica, nell’ambito di un discorso collettivo e condiviso capace di tener conto di tutti i cittadini. La questione insomma consiste nel riflettere se la posa di un monumento a Vittorio Emanuele II risalente alla fine dell’Ottocento possa davvero avere un senso per la cittadinanza, o se, molto semplicemente, non susciterà nulla, se non fastidio per aver tolto un paio di parcheggi in piazza Aldo Moro.
Secondo il nostro punto di vista è preferibile invece che la statua restaurata venga posta nel museo cittadino, all’interno di un percorso esplicativo che contestualizzi storicamente l’opera.
Mario Lottaroli- Consigliere comunale di Rifondazione Comunista
David Bernardini- Dottore magistrale in Scienze Storiche