Magazine Politica

Un referendum sulla libertà di Silvio

Creato il 24 agosto 2013 da Giuseppe Lombardo @giuslom
Un referendum sulla libertà di SilvioIn politica spesso si segue un vecchio adagio: se non puoi convincere l'elettore incerto, confondilo e ne uscirai indenne. E' una regola aurea, valida in ogni paese, assai utile nei dibattiti o nelle campagne elettorali. L'Italia di Silvio, però, merita un capitolo a sé.Certo, di bugie in questi vent'anni ne abbiamo sentite parecchie e alcune, quelle più eclatanti, ronzano ancora nella testa. Menzogne sciagurate, urlate o bisbigliate con aria sorniona, sono divenute l'autentico marchio di fabbrica della Seconda Repubblica delle banane. Chi l'avrebbe mai detto che saremmo stati afflitti da una tremenda nostalgia? Sì, perché a ben riflettere l'annata del '94 era invidiabile: quelle erano balle serie, confezionate a regola d'arte, meticolosamente studiate, senza improvvisazione. Balle indispensabili nell'intento di alimentare la macchina del consenso e la fabbrica dei sogni. Un milione di posti di lavoro, due sole aliquote fiscali, deregulation, libertà d'impresa, meritocrazia e via dicendo: termini romantici che ci riportano quasi all'era mesozoica.Oggi in Transatlantico è tutto diverso, si è molto più schietti, non è rimasto tempo per questi squallidi can can: la disoccupazione spaventa, ma non terrorizza; la precarietà incute timore, ma non allarma; perfino il calo verticale del Pil è salutato con strafottenza in nome della decrescita felice. Il problema vero, l'autentica priorità, è salvare Lui, il Papi padrone. L'obiettivo principale è impedire che l'amato leader finisca in gattabuia, nonostante una sentenza definitiva pendente sul suo capo. Nel clima infuocato di questa torrida estate giudiziaria, bisogna uniformarsi alla vulgata, accettare l'andazzo dei tempi. Occorre, cioè, rassegnarsi alle priorità del convento e tenere in considerazione lo stallo del paese in relazione alle vicissitudini penali dello stesso uomo che riteneva Mangano un eroe (sic). E allora ripartiamo da qui.
Il tema dell'agibilità politica ci appassiona come la differenziazione dei datteri sotto l'equatore. Ciononostante intendiamo sciogliere i fili dell'intricata matassa. Chiediamoci allora: può un uomo che ha studiato giurisprudenza per anni, che ha vinto un regolare concorso per entrare nella magistratura, che non ha mai avuto velleità elettorali e che ha seminato tanto in carriera, fino a giungere al collegio della Corte di Cassazione, può un uomo di siffatta morale concedersi il lusso di giudicare a cuor leggero un esponente politico pluri-inquisito? E che maniere! Nei paesi liberali direbbero di sì, senza esitazioni né fraintendimenti. Quindi in Italia dev'essere necessariamente vero il contrario.E allora, che fare? Se ogni giudice risulta inadeguato alla missione, e perfino il Vicario di Cristo - di questi tempi - sembra un po' troppo progressista, come se ne esce? Gli italoforzuti insistono: in democrazia il potere appartiene al popolo e solo una consultazione elettorale può legittimare la validità del verdetto emesso da quel briccone di Esposito e da svariati bolscevichi prima di lui. La teoria è palesemente bislacca, fa acqua da tutte le parti. Pertanto ad Arcore la ritengono di assoluta solidità. Ghedini docet. Da qui la sommessa proposta che sottopongo ai lettori in quest’ articolo: facciamo un referendum. Ma sì, torniamo all'agorà, assecondiamo Bondi, Cicchitto, Brunetta, Sallusti e Giovanna d'Arcore. Mettiamolo per iscritto, nero su bianco, secondo la formula seguente: sulla base di quanto emerso nel corso di queste due decadi, prescindendo dalle singole accuse circostanziate, dopo aver avuto Previti ministro, Cuffaro presidente di Regione, Scilipoti nella maggioranza; dopo le leggi ad personam, gli insulti a Rita Levi Montalcini e la macchina del fango; dopo le nipotine di Mubarak, Nicole Minetti, le olgettine e le gare di burlesque; dopo le case comprate all'insaputa degli storici inquilini, le grasse risate a L'Aquila, i senatori tanto al chilo; dopo il trattamento riservato ad Enzo Biagi ed Indro Montanelli, dopo Borghezio, dopo le cliniche del Celeste; dopo Noemi Letizia, Patrizia D'Addario, Fiorito, le corse in auto blu della Polverini; dopo Dell'Utri, Cosentino e Tarantini; bene, dopo tutto questo, ritenete ancora Silvio Berlusconi un uomo per bene?Se il 50% delle schede scrutinate dovesse riportare un parere positivo, è fatta, siamo fuori dal guado. Avremmo la prova certa della mutazione genetica della nazione, della corruzione dei costumi e della disintegrazione delle difese immunitarie contenute nella Costituzione. Se dovesse vincere il sì, Berlusconi dovrebbe essere prosciolto da ogni accusa vita natural durante. Di più: occorrerebbe spalancargli le porte del Quirinale per condurre con merito questo Stivale alla bancarotta etica che tanto agogna.
Se, invece, dovesse malauguratamente prevalere il no, dovrà essere chiaro sin da subito che non ci saranno indulti o indulgenze plenarie: nessun Re Giorgio né Santi patroni. Giusto Regina Coeli o San Vittore.G.L.Un referendum sulla libertà di Silvio

Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :