Non si prevedono risultati inattesi alle elezioni generali in agenda la prossima settimana in Sudan per rinnovare la presidenza e il parlamento. Al presidente Omar Hassan al Bashir, al potere dal 1989, candidato del partito del Congresso nazionale (Ncp) di maggioranza, si oppongono 15 sfidanti poco noti all’elettorato, mentre i principali partiti di opposizione invitano al boicottaggio.
“Nella capitale ci sono pochi manifesti che rimandano al voto e ricordano che lunedì si apriranno le urne”, aggiungendo che anche la campagna elettorale è stata “poco sentita”.
Le associazioni per i diritti umani accusano il presidente – ricercato dalla corte penale internazionale per crimini di guerra e genocidio in Darfur – di usare il pugno di ferro contro i dissidenti e la società civile. “La verità è che non ci si aspettano sorprese anche perché non c’è nessuna figura, all’opposizione, che possa ambire a sostituirsi al presidente allo stato attuale” confermano gli interlocutori, chiedendo l’anonimato per ragioni di sicurezza.
I partiti di opposizione hanno deciso di boicottare le urne dopo che il governo ha rifiutato la loro richiesta di posporre il voto al termine delle sessioni di Dialogo nazionale che – sulla carta – avrebbero dovuto introdurre riforme costituzionali e politiche nel paese.
A causa dell’insicurezza nelle regioni frontaliere il voto è stato ‘sospeso’ in sette delle 24 circoscrizioni del Sud Kordofan – teatro di un conflitto dal 2011 – e in un distretto della regione occidentale del Darfur.
a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)