Maglie, chiesa Matrice (altare del Precursore), ‘Sposalizio della Vergine Maria con Giuseppe’ (XVIII sec.) – ph. R. Toma
Non si può rimanere indifferenti di fronte alle stupende opere pittoriche di scuola napoletana presenti nella chiesa Matrice di Maglie. Qui la mano dei salentini Oronzo Tiso e Saverio Lillo, oltre a quella dei partenopei Francesco Palumbo e Pietro Bardellino, danno prova dell’eccezionale livello artistico che “l’arte di Napoli” aveva raggiunto sul finire del Settecento. Se da una parte le opere di simili pittori sono l’espressione concreta di un certo movimento artistico e culturale caratterizzante l’intero Salento, dall’altra esse rappresentarono i modelli per le realizzazioni di altri artisti locali che, purtroppo, sono spesso rimasti anonimi. Queste tele di mano ignota, al di là del loro valore artistico che si rimette alla critica d’arte, possono diventare oggetto di studio per i cultori di patrie memorie perché, anche un quadro, può rivelare notizie utili alla ricostruzione della storia locale.
Qualche tempo addietro una mia ricerca sul Monte di Pietà di Maglie mi aveva portato nella Matrice per esaminare l’altare, opera dello scultore coriglianese Gaetano Carrone, dedicato a San Giovanni Battista. Secondo l’epigrafe posta sul muro destro, la fabbrica fu commissionata dal dotto Giovanni Mattia Cezzi, quinto arciprete magliese di rito latino, assieme al fratello Valentino e Giuseppe, figlio di quest’ultimo, e fu terminata il 26 maggio 1706. Ancora oggi, sulla cimasa dell’altare, si vede lo stemma della famiglia Cezzi-Pappuli che ne indica l’antico giuspatronato e al disotto dello stesso, invece, appare un trittico di tele che è, secondo il parere dell’iconologo galatonese Francesco Danieli da me contattato in quell’occasione, attribuibile alla mano di uno stesso artista e databile attorno alla prima metà del Settecento. Nella tela centrale del trittico, raffigurante la scena dello “Sposalizio della Vergine Maria con Giuseppe” s’intravede, nell’angolo in basso a destra, l’immagine di una monaca genuflessa con le mani incrociate sul petto. La figura rappresenta la committente dell’opera e ciò sia per la sua presenza che si pone del tutto fuori dal contesto sacro rappresentato e sia per la mancanza di particolari attributi iconologici che possano caratterizzarne la sua santità. Dall’albero genealogico della famiglia Cezzi si evince, difatti, che Giovanni Mattia ebbe una sorella monaca, vivente al tempo della costruzione dell’altare, la quale abbracciò l’Ordine Francescano. Si tratta di suor Virginia (1652-1721) che visse in Lecce e per la quale, dall’analisi dell’abito ossia un vestito di lana nera cinto da una fune senza scapolare e senza mantello, il capo coperto da un velo doppio – uno nero sopra uno bianco – e leggermente sagomato, si può decisamente affermare la sua appartenenza al Terzo Ordine Francescano ovvero a quelle religiose di clausura che nel capoluogo erano già presenti dal Quattrocento ed ebbero sede nel convento di San Matteo. Suor Virginia, di conseguenza, si fece ritrarre nella scena dello “Sposalizio della Vergine” proprio a significare che lei sposò in tutta purezza Cristo così come Maria “verginalmente” sposò Giuseppe.
Dare un nome a quel ritratto per farlo riemergere dall’oscurità del tempo e dalla materia del colore abbrunito, significa aver aggiunto un piccolissimo tassello al complesso mosaico storico che ha caratterizzato non solo Maglie ma, principalmente, quelle famiglie di antica tradizione, quale fu la Cezza/i, che in questa terra ebbero in ogni tempo un ruolo rilevantissimo, e spessamente dominante, sia nelle dinamiche economiche e sia in quelle politiche e culturali in genere.