Sfida di lettura "Io leggo italiano"
LE "FIABE ITALIANE” di Italo Calvino (1956)
Il lavoro d'indagine a tutto campo di Calvino, evidenzia la riscrittura parziale dei testi e la puntuale descrizione del lavoro svolto, fiaba per fiaba. Troviamo tutta l'esperienza, la vita, la storia popolare di ogni regione, gli intrecci culturali e le differenze di visione, i raccordi d'oltre confine con le Fiabe dei fratelli Grimm o di Perrault, la vicinanza con quel Cunto de li cunti di Giambattista Basile (1600) che tante fiabe ha rese famosenel mondo e infine nella bibliografia i riferimenti alle altre, parziali, raccolte di fiabe che erano state sino a quel momento pubblicate in Italia.
CARO ITALO TI SCRIVO...
Da molti anni Lei si è introdotto nel mondo delle fiabe con immenso entusiasmo e la riscrittura attraverso ricerche nel vasto patrimonio etnografico, antropologico, letterario di ricercatori, scrittori e dilettanti, ha funzionato come catalizzatore” d’immagini, sogni, ricordi, emozioni, sensazioni. Noi lettori abbiamo avuto modo di provare e accumulare, passando e ripassando, soprattutto come genitori o nel mio caso docenti, tra quelle pagine piene di fate, streghe, regine, principesse, animali parlanti, oggetti magici, piante, malefici e altro…
Ognuno di noi personalmente dalla lettura ha imparato «l’infinita possibilità di metamorfosi di ciò che esiste», come si legge nell’introduzione. Ma la preziosità del Suo testo è anche quello di trascinarci dentro quel mondo del fantastico con la stessa naturale leggerezza e la stessa disinvoltura con cui si affronta il quotidiano, il concreto. Con sapienza rara dei vuoti e dei pieni, come in un romanzo o meglio come in una fiaba senza sprechi e con forte vigore intellettuale.Le Sue idee, immagini, personaggi della fiaba sono protagonisti – se così mi posso esprimere- di un “nomadismo perpetuo” per testimoniare la continuità di un desiderio infantile di fantasia che non è destinato a spegnersi nemmeno oggi, epoca di trasformazione vorticosa che riguarda le forme e i modi stessi del nostro comunicare, stili di vita, e ancor di piùmodi di pensare.
Nel 1954 Lei comincia a definire il progetto delle Fiabe italiane e due anni dopo la raccolta è pubblicata. Durante il periodo preparatorio del volume Lei ha letto, scelto e trascritto le fiabe popolari delle varie regioni italiane, sparse nelle raccolte ottocentesche e di quell’immane lavoro scrive: “E stato un lavoro grosso, ho dovuto leggermi biblioteche intere, imparare tutti i dialetti italiani, cercare tra le decine e decine di versioni della stessa fiaba la piu bella e piu caratteristica e piu impregnata dello spirito di luogo” (Calvino, 1996, VI).
Come dimostrano alcuni dei Suoi scritti critici e teorici, e qualche titolo letterario (per esempio I nostri antenati), ‘postfiabeschi’, è stato un lavoro che L’ ha portata a ricerche e studi inaspettati aprendoGli strade sorprendenti.Il Suo esempio nel ricercare e riscrivere dimostra quanto un archetipo può sempre insegnare e di quanto, cambiando l’angolazione d’analisi e di studio, può apparire inesplorato e nuovo, e non soltanto fungere da semplice e prevedibile oggettodi ricerca. Lei è stata una persona dagli interessi eterogenei e i suoi approcci - sociologico e psicologico e tecnologico e antropologico - alla letteratura e ai suoi territori non è stato un fatto sorprendente. Lei stesso ha illuminato i contemporanei e i posteri sul suo considerare “ la letteratura come una, o meglio, la ricerca di conoscenza, e lo strumento di conoscenza: abituato come sono a considerare la letteratura come ricerca di conoscenza, e per muovermi sul terreno esistenziale ho bisogno di considerarlo esteso all’antropologia, all’etnologia, alla mitologia. “
Nella rilettura delle fiabe Ci ha indicato una delle primarie lezioni di vita in cui si osserva il problema. La fiaba è la metafora dell’iter dell’essere. Per Lei, Calvino, la fiaba è il catalogo di destini umani, un modus vivendi molto antico, e Lei narra di caratteri e di temperamenti umani i quali sono fissi nell’esistenza dell’umanita e quindi delle situazioni possibili. La fiaba, dunque,insegna la vita come una trascrizione metaforica della vita, del vivibile, delle possibilita riscontrabili lungo il corso di un’esistenza. La struttura fissa della fiaba è stato un valido aiuto nella narrazione, ma il successo del narrato dipende sensibilmente dall’ abilità nel narrare, abilità che Lei ha esercitato. Lei ha capito che “usare “ pochi personaggi , divisi in positivi e negativi, il buono e il cattivo, applicare l’opposizione binaria era alla base della fiaba. E questo approccio ha facilitato il compito anche con la funzionalita di rendere piu facile la comprensione del narrato.
ILLUSTRAZIONE
Le Sue descrizioni fiabesche non sono mai prolisse né di retorica gratuita ed offrono solo il minimo necessario per illustrare i personaggi e i luoghi. Il resto Lei lo ha affidato alla fantasia e alla creativita dell’auditorio – un elemento molto importante nell’infanzia quando si sviluppa la creativita e la fantasia non conosce i limiti “del mondo degli adulti”-. Lei cosa ci ha insegnato? Che al di là delle origini remote e mitiche, la vita delle fiabe è fatta di “migrazioni ”, da Sud a Nord dell’Italia ma anche da Nord a Sud, dalla campagna alla città e da altri Paesi del mondo. Le fiabe hanno le gambe lunghe. Si spostano di paese in paese, viaggiano di bocca in bocca, e a volte di bocca in libro, o di libro in libro o di libro in teatro, in radio, in televisione fino a diffondersi nei luoghi in cui le troviamo oggi. E viaggiando le fiabe hanno acquistato elementi delle culture locali e alcuni li hanno persi, e mantenuto influenze e caratteristiche di culture diverse e lontane
Le favole dove stanno?
Ce n'è una in ogni cosa:
nel legno, nel tavolino,
nel bicchiere, nella rosa.
La favola sta lì dentro
da tanto tempo, e non parla:
è una bella addormentata
e bisogna svegliarla.
Ma se un principe, o un poeta,
a baciarla non verrà
un bimbo la sua favola
invano aspetterà.
Gianni Rodari