L’ora del tramonto è sempre la più affascinante ma qui a Pushkar, nome che significa lago creato da un fiore, assume un significato mistico. Il paese che si articola intorno alle acque sacre che accolsero le ceneri dei Gandhi, sembra irreale così pervaso di pace e tranquillità.
Qui si possono trovare freaks occidentali, che camminano scalzi sulla terra battuta con lo sguardo spento, in cerca di sballo ma soprattutto centinaia di pellegrini e storpi che allo specchio d’acqua scintillante chiedono solo un po’ di salute.
I ghat, le scalinate che conducono fino alla riva, sono 52 e bisogna accedervi in silenzio, a piedi nudi e senza fotocamere. E’ commovente percepire il sentimento di profondo rispetto che qui si prova gli uni verso gli altri. Nessun morbosa curiosità nell’osservare le donne a seno nudo che si rivestono dopo l’abluzione. Mi emoziona profondamente sentire il suono gentile delle preghiere di quel signore dalla lunga barba bianca che, seduto nella posizione del loto sul gradino più basso, getta delicatamente fiori freschi in acqua mentre tiene gli occhi chiusi.
Il profumo che più mi ricorda Pushkar è quello dell’incenso, speziato o fruttato ma sempre caldo ed avvolgente come un abbraccio di un caro amico.
Lungo la strada principale ma solo per due ore al giorno, quando il sole diventa più clemente, un signore con il turbante espone la sua colorata arte. Un giorno di tanti anni fa, racconta, pregando al tempio del dio Ganesh chiese a quale tipo di tecnica si dovesse ispirare e la risposta venne automatica: a Picasso. Da allora Sardar Kishan Singh si fa chiamare Kikasso ed esprime la sua arte in variopinti dipinti ispirati a Picasso ed a Ganesh, che l’ha aiutato a trovare la sua strada.
Purtroppo a Pushkar tutti i templi sono interdetti ai non induisti, ad esclusione di quello del dio Brahma. Narra la leggenda che la moglie legittima del dio, adiratasi per essere stata sostituita, abbia maledetto il marito facendo in modo che potesse essere venerato esclusivamente in un luogo. Per questo motivo il tempio di Pushkar è l’unico in tutta l’India a lui dedicato.
Per trovarlo basta seguire il fiume di persone che, armate di offerte di ogni genere, si dirigono verso la ripida scalinata che conduce al luogo di culto. Anche qui non si possono scattare fotografie ed è un vero peccato. Questo tempio infatti, dall’architettura simile agli altri del Paese, si distingue per essere di colore blu e rosso anziché del classico bianco. E’ protetto da alte mura che, da fuori, non fanno scorgere nemmeno un particolare. All’ingresso, invece, una simpatica tartaruga in argento lavorato giace sul pavimento che conduce alla porta del santuario centrale. Il pavimento in marmo attorno la tartaruga è coperto con centinaia di monete d’argento che portano inciso il nome del donatore.
Sembra incredibile ma anche l’India custodisce delle oasi di pace.
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