Avventure di alcuni tesisti in cattività Il romanzo di Keith Gessen si presentava bene fin dal titolo, invitante per qualunque nerd o aspirante tale che fosse nei paraggi. Ogni giudizio, si sa, è soggettivo e il mio non vale più di quello degli altri, ma sono bastate trenta pagine per lasciarmi l'amaro in bocca. Più che intellettuali qui si tratta di studenti che scrivono la tesi, magari su personaggi improbabili come Roman Sidorovic "il menscevico buffone" o con l'idea di Abramo Lincoln fosse dotato di grande eloquenza, ma in sostanza quel che domina è una certa apatia immersa in uno stile asciutto che non ha molto di "lucido e tagliente" come sostiene la quarta di copertina. L'aspetto che convince meno di questo romanzo è l'assenza di una certa organicità tra i capitoli che assomigliano più a racconti per una rivista che non a quella cosa - ormai mitica?- chiamata Romanzo. Non basta mettere titoli ai capitoli come Fenomenologia dello Spirito perché ci sia dentro dello spirito. Siete avvisati. La bellissima copertina, invece, è di Alex Katz. J.D.S. Per puro contrasto, accosto a Gessen un'opera cardine di J.D.Salinger, Franny e Zooey (Einaudi). Qui c'è da restare a bocca aperta di fronte alla bravura di Salinger nel costruire "storie" che sono, in realtà, fuochi d'artificio dell'intelligenza verbale. Esempio: la scena nel bagno di Zooey e sua madre, due degli insoliti componeneti della famiglia Glass, dove succedono più cose che nella celebre stanza dei fratelli Marx in Una notte all'opera: trenta pagine circa, ma il centro nevralgico resta la descrizione, non la psicologia, la visione pura e semplice delle cose. Stile allo stato puro, quindi, come si dice della vodka o di Gucci. Mostruosamente bravo, Salinger resta famoso per il suo Giovane Holden, com'è risaputo, ma è un'ingiustizia della Storia (e della critica): Franny e Zooey è un gioiello di distonica bellezza. Quel bianco abbacinante nella copertina vorrà pur dire qualcosa, no? Sublime? "Orrore delizioso e terribile gioia" Il caro vecchio Sublime ritorna sempre...Da Kant a Barnett Newman, dalle cascate del Niagara (immortalate anche da J.C.Oates in The Falls) alle storie espanse e infinite di Foster Wallace e Thomas Pynchon, un certo Sublime sembra sia necessario. Questo è il catalogo, denso e succoso, di una mostra dedicata al tema e svoltasi presso la Galleria Civica di Modena, nel 2008. I devastatori di turno sono Tacita Dean, Deborah Ligorio, Cyprien Gaillard, Pierre Huyghe e altri, tra i quali spiccano anche classici come William Turner e Caspar David Friedrich. Tra i testi del catalogo, pochi ma giusti, quello di Angela Vettese spicca, come al solito, per lucidità e quello di Franco Rella per l'erudizione e le costellazioni teoriche che se ne possono ricavare (dalla Gorgone a Yves Klein). Kant sarebbe stato contento, quel bestseller chiamata Critica del Giudizio dove elaborava la famosa teoria del Bello e del Sublime, riprendendone le basi dall'antichità, ha fatto moltissima strada. Se lo legge persino Matthew Barney. Il sorriso beffardo di Updike Sorride sempre John Updike, nelle fotografie che lo ritraggono. Sorride mentre demolisce, colpo su colpo, la sua classe sociale di appartenenza? Riceve premi, tanti premi, e ci regala un pezzo da novanta come Le streghe di Eastwick. Coppie è un romanzo fiume sulla borghesia di provincia americana. Doverosa ristampa di un piccolo classico. Uscito nel fatidico '68, ne trattiene senz'altro tutta la violenza tra le righe...Il protagonista Piet è di origine olandese, trapiantato in America non si è mai abituato troppo al Nuovo Mondo e conserva dei tratti europei di cui, a volte, si vergogna. Ma il fascino del romanzo consiste nell'effetto corale della comunità dove è ambientato: come in una buona soap-opera scritta dal demonio ci sono feste, litigi, tradimenti, bambini e bambinaie (poche), amanti, mariti e mogli che conservano i loro ruoli di facciata. Il copione è sempre quello, ma Updike è artigiano così solerte e attendibile che si rimane a godersi la descrizione di una trave o del calcestruzzo o di un vestito ricamato senza pensare che sei già a pagina 200. Si chiama talento, in poche parole, ed è distribuito in modo selettivo, nel senso di Darwin.
Pubblicato da Remy71
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