Magazine Cinema
Durata: 120'
La trama (con parole mie): Ali, insieme al figlio Sam, dal Belgio giunge vagabondando nel Sud della Francia, ad Antibes, per stabilirsi dalla sorella. L'uomo trova dei lavori occasionali come buttafuori e addetto alla sicurezza, arrotondando con combattimenti clandestini.Proprio fuori da una discoteca conosce Stephanie, addestratrice di orche coinvolta in una rissa, e tenta un approccio senza fortuna: qualche tempo dopo, la donna ha un grave incidente sul lavoro e perde entrambe le gambe.Disperata e sola, richiamerà Ali e tra i due si instaurerà uno strano rapporto di amore/amicizia che romperà gli equilibri dei loro mondi: per il primo significherà mettersi una volta per tutte alla ricerca di una stabilità per la sua esistenza - e quella del figlio -, per la seconda tornare a sentirsi emotivamente in gioco e, di fatto, "a camminare".
Io vado pazzo, per Jacques Audiard.Pochi, come lui, in Europa e nel mondo, sono in grado di girare con l'occhio dell'Autore riuscendo al contempo a rimanere profondamente fisici nell'approccio alle pellicole, quasi dovessero plasmarle a mani nude, senza risparmiarsi nulla.Come se non bastasse, il suddetto è riuscito - almeno finora - nella non facile impresa di lasciarmi impressionato positivamente con ogni sua pellicola: ricordo quando vidi Sulle mie labbra, thriller atipico e storia d'amore altrettando fuori dagli schemi, o Tutti i battiti del mio cuore, per giungere, ovviamente, al magnifico Il profeta.Proprio al primo dei tre riconduce quest'ultimo Un sapore di ruggine ed ossa, storia d'amore che storia d'amore è solo fino ad un certo punto, di presenza ed amicizia - in molti l'hanno accostato, in qualche modo, a Quasi amici -, di miseria e rinascita, dramma e voglia di vivere: Audiard, abbandonando la violenza ed il romanzo di formazione che vide l'ascesa carceraria di Malik per la vicenda di due persone la cui esistenza è in qualche modo già formata, non perde lo smalto che lo contraddistingue pur rimanendo in secondo piano rispetto ai suoi protagonisti, quasi facendosi da parte ed adempiendo "semplicemente" al suo ruolo di narratore.Ali e Stephanie - interpretati magnificamente da Matthias Schoenaerts e Marion Cottilard, il primo taurino protagonista dell'ottimo Rundskop, la seconda sempre più emblema di una bellezza a tutto campo, a prescindere dalle condizioni e dalla messa in scena - sono due combattenti: lui ha vissuto una vita sempre al limite, lottando con i pugni per quell'occasione che pare non essere mai arrivata e che, di fatto, gli è accanto - il piccolo Sam, il loro è uno dei rapporti padre/figlio meglio raccontati sullo schermo dell'intera stagione -, lei alimentata dalla voglia di mostrare la propria forza, che sia ballando al centro dell'attenzione di uomini che la vorrebbero e non l'avranno o di fronte alle sue orche, predatrici selvagge ed inarrestabili dirette con una levità quasi sublime.Ed è proprio grazie a loro che Audiard sfodera due scene da standing ovation, una di thrilling puro - l'esibizione precedente all'incidente di Stephanie - che si segue, nonostante la location e la colonna sonora - un parco acquatico in pieno giorno e Firework di Katy Perry in sottofondo - con il fiato sospeso, l'altra sul balcone del nuovo appartamento della donna, scossa da Ali e all'inizio del suo nuovo percorso di vita. Quella danza apparentemente sconnessa diretta al cielo - o a un'orca invisibile - è pura poesia del Cinema, di quelle destinate ad essere ricordate e diventare Classici.Ma il vecchio Jacques non è uno che si dimentica dei suoi protagonisti, così, poco prima di un crescendo finale pazzesco, c'è occasione anche per Ali e Sam di regalare al pubblico una sequenza da capogiro come quella del lago ghiacciato - la contrapposizione primo/secondo piano nel momento della caduta del bambino è da fare invidia ad Haneke -, anticamera di quello che sarà la sensazione lasciata da questo clamoroso film "romantico" in un'accezione totalmente nuova, nonostante il rischio effettivo che materia di questo genere avrebbe generato in altre mani.Le ossa che si spezzano, o le gambe che si perdono, sono solo un passaggio: che questo avvenga nel dolore è una condizione alla quale, da esseri umani, dobbiamo abituarci, ma che una volta affrontata a viso aperto libererà qualcosa di potenzialmente indescrivibile.Nessun altro animale, recita Ali nel finale, ha lo stesso numero di ossa che noi portiamo in una mano: e quando ce ne rompiamo uno, anche il più piccolo ed insignificante, questo è destinato a ricordarci della sua presenza ad ogni colpo che daremo da quel momento in avanti.Da frequente utilizzatore di un sacco da boxe, posso affermare quanto sia assolutamente vera questa affermazione.E da amante della vita e di tutte le sue esperienze, posso affermare ancor di più quanto sia assolutamente vera questa affermazione.Non è detto, comunque, che quel dolore e quelle ossa rotte debbano essere necessariamente un male.Mentre è detto - e anche questa è un'affermazione assolutamente vera - che Un sapore di ruggine ed ossa è un dannato grande film.
MrFord
"Baby, you're a fireworkcome on, let your colors burstmake 'em go, ohyou're gonna leave 'em falling downyou don't have to feel like a waste of spaceyou're original, cannot be replacedif you only knew what the future holdsafter a hurricane comes a rainbow."Katy Perry - "Firework" -
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