Titolo: Un segno invisibile e mio
Autore: Aimee Bender
Editore: Beat
Anno: 2011
Traduzione: Damiano Abeni e Martina Testa
Il giorno del mio ventesimo compleanno mi sono comprata un’ascia.
È stato il più bel regalo che avessi avuto da dieci anni a quella parte. Prima di vederla luccicare appesa alla parete del negozio di ferramenta come un’amante di legno e acciaio, avevo completamente rinunciato all’idea di festeggiare il mio compleanno.
Il giorno del mio diciannovesimo compleanno mamma mi aveva sbattuto fuori di casa.
Il giorno del mio diciottesimo avevo fatto una festa per due persone. Dopo un’oretta entrambe dissero di avere un’allergia e se ne andarono a casa starnutendo.
Il giorno del mio diciassettesimo mi ero fatta una torta al cioccolato, ma siccome in realtà non volevo affatto mangiarla avevo aggiunto dell’insetticida all’impasto. Lievitò una meraviglia, meglio che mai, e quando la tirai fuori dal forno – perfetta cupola bruna – rimasi a camminarle intorno per ore, inspirando a pieni polmoni l’aria tiepida di burro. Alcune formiche mangiarono le briciole sulla credenza e schiattarono.
Tragico ed esilarante: così potremmo definire l’incipit di questo romanzo surreale, una lettura piacevole e toccante che riesce a smuovere un sentimento ad ogni pagina, un leggero sorriso, un moto di tristezza, una risata godereccia, un gesto d’intima insofferenza e anche, talora, una punta di noia.
Mona Grey ha vent’anni, fa l’insegnante di matematica in una scuola elementare, un mestiere in cui mette a frutto la passione per i numeri che l’accompagna sin da quando era bambina e con la quale misura l’intera sua esistenza, dagli stati d’animo ai rapporti interpersonali:
È tutta una questione di numeri. Tutta questione di sequenze. È la logica matematica dell'essere in vita. Se tutto seguisse il suo andamento regolare riusciremmo a sopravvivere alla tristezza -prima si piange, poi si riprende a camminare - ma quello che davvero ci spiazza più di netto sono le perdite che avvengono al di fuori di quella sequenza ordinata.
Mona prova a pensare alla sua vita come a una concatenazione di avvenimenti, ma nel suo caso l’ordine è andato perso in un lontano pomeriggio, quando aveva solo 10 anni. Quel giorno si esercitava nella corsa insieme al padre ma lui, all’improvviso, si era fermato in pista. Si manifestavano in lui, per la prima volta, i segni di una malattia senza nome, ma non per questo meno grave e invalidante, che non lo avrebbe più abbandonato e che avrebbe presto modificato le abitudini e lo stile di vita dell’intera famiglia.
La reazione di Mona a questi cambiamenti è quella di lasciarsi dominare da una persistente forma di “vigliaccheria” che la spinge ad abbandonare qualsiasi attività scelga di intraprendere, nonostante i risultati sempre brillanti che mostra di poter raggiungere:
Sono innamorata dello smettere. A suo modo è un'arte, se ci pensate. Smettere bene richiede un innato senso della bellezza; bisogna saper sentire il momento della svolta, proprio quando il desiderio fa la sua comparsa, quello è il momento di darci un taglio, giù deciso, l'istante in cui lo smettere è maturo come una pesca che si fa dolce sull'albero: crack, si spacca il picciolo, la pesca cade per terra, nera e argento di mosche.
Solo in una cosa Mona ha continuato imperterrita negli anni: scandire il tempo delle sue giornate, dei suoi pensieri, dei suoi stati d’animo con dei leggeri colpetti dati con le mani su ogni superficie disponibile.
Non ho smesso invece di tamburellare sul legno, cosa che facevo sempre. Era il mio modo di sigillare nelle radici e nella corteccia ogni cosa interrotta; ascolta, dico al legno, guarda bene cosa sto facendo. Prendi nota. Notalo.
Tamburellare è un modo di dialogare per questa strana, taciturna e solitaria ragazza. È il modo in cui il mondo dei numeri e gli eventi della sua vita comunicano tra di loro per aiutarla a prendere le sue decisioni.
Quello di Mona è un mondo pieno di sensazioni, oltre che di numeri. Le sue piccole ossessioni condurranno il lettore a guardare la realtà dalla prospettiva di questa ragazza bislacca per scoprire che, in fondo, il suo non è un mondo tanto diverso da quello di ciascuno di noi: chi non ha mai sviluppato un piccolo tic dietro al quale nasconde le proprie insicurezze? Allora la vita della signorina Grey, profumata di sapone fino alla nausea, colorata di tinte spente, scandita da un costante toc toc di sottofondo, ci sembrerà anche un po’ il mondo delle nostre piccole ossessioni quotidiane, dietro le quali si nasconde tutta la profondità dei nostri pensieri, delle nostre scoperte e delle nostre paure.