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Il patto tra scrittura e cammino, afferma Robert MacFarlane, è tanto antico quanto la letteratura stessa: una passeggiata può facilmente diventare una storia e non c'è sentiero che non abbia qualcosa da raccontare.
E che non sia solo una affermazione in linea teorica è lui stesso a dimostrarcelo, in uno dei libri più affascinanti che mi sia capitato di leggere negli ultimi tempi. Le antiche vie, questo è il titolo (Einaudi), è un incredibile concentrato di storia e di poesia, un racconto che allarga il cuore e ti spinge al cammino per le strade che nei secoli gli uomini hanno percorso. Ognuno lasciando le sue impronte, come fanno tutti gli animali. Impronte che proprio grazie a questo libro si può provare a scorgere.
Non ci avevo mai pensato: sono quelle impronte che poi fanno un sentiero, non il contrario. Il sentiero è consuetudine, è creazione consensuale, è il passo dopo passo di molti. Un sentiero non si realizza da soli.
Il sentiero è tempo ed è questo tempo che, tra le altre cose, questo magnifico libro ci aiuta a vedere nel nostro cammino.
I sentieri e i loro segni mi attirano da sempre: catturano il mio sguardo e lo tengono avvinto.
Così afferma Robert MacFarlane, spiegando che il cammino seduce l'occhio ma anche la fantasia. Che forse è l'occhio del cuore: quello che ci aiuta a ripopolare le antiche vie di storie e di anime.
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