In Italia può nascere un apprendistato di qualità. Grazie all'apprendistato per la qualifica e per il diploma professionale, infatti, un gruppo classe può essere inserito in un percorso che porterà agli alunni ad imparare un mestiere e ad arricchire le proprie competenze grazie alla formazione aziendale.
Per raggiungere questo risultato il sindacato è indispensabile. Anzitutto perché la legge prevede che sia parte dell'accordo territoriale in cui vengono definiti gli standard formativi della formazione aziendale, ma sopratutto perché è opportuno che cooperi con istituzioni formative, associazioni datoriali e aziende nella tutela dei diritti dell'alunno-apprendista. Nella progettazione di un percorso integrato tra scuola, lavoro e formazione aziendale, ogni minima variabile è determinante. Per esempio, se le ore di formazione esterna, il più delle volte coperte da finanziamenti pubblici, sono troppe, allora l'azienda può tirarsi indietro per la scarsa disponibilità sul lavoro della risorsa, se sono troppo poche, rischiano di non essere sufficienti al mantenimento in vita del gruppo classe.
Chi meglio del sindacato studentesco può tutelare l'apprendista? Certo, non può firmare accordi territoriali, ma può – e ci si augura che voglia – affiancare le rappresentanze dei lavoratori nella supervisione dei percorsi e dell'effettiva erogazione di formazione agli apprendisti. Oppure che chieda di verificare se effettivamente il criterio di valutazione aziendale e scolastico è omogeneo. Questo aspetto è particolarmente importante è delicato: senza un organico raccordo tra i due momenti formativi, infatti, il concetto di alternanza verrebbe meno, così come la certificazione delle competenze, altro importantissimo aspetto del progetto.
Il sindacato può trarre grandi vantaggi e rinnovare i propri iscritti. Ricordiamo che i ragazzi per i quali sono pensati i percorsi in apprendistato sono spessi quelli con le maggiori difficoltà scolastiche ed occupazionali, e che rischiano seriamente o di entrare nel mondo del lavoro senza una qualifica di studio, e quindi in una delle fasce più deboli del mercato, oppure di accettare lavori in cui la copertura sindacale non esiste, vale a dire il lavoro nero. Nelle industrie il sindacato c'è, per strada no.
Serve coraggio per superare il pregiudizio, da parte di tutti. Da un lato le aziende devono ricredersi sull'incapacità dei giovani ad imparare un mestiere e ad adattarsi, gli istituti di formazione devono superare la paura di essere scalzate da un tipo diverso di formazione mentre i sindacati dovrebbero smettere considerare (tutte) le imprese luoghi dello sfruttamento più che luoghi di cooperazione. Coraggio e dialogo, o rimarremo impotenti a guardare i giovani più deboli incamminarsi verso la disoccupazione.
Simone Caroli