Tutto inizia con quella tipica sensazione di surreale che caratterizza i sogni. Ci si vede dal di fuori, immersi in una situazione improbabile; eppure, chissà perché, ci si sente perfettamente a proprio agio.
Sono in una grande stanza, seduta vicino all’amplificatore, col basso a tracolla. Davanti, una ventina di partiture.
A sinistra ho un pianoforte a coda, con relativo pianista.
A destra una batteria, con relativo batterista.
Davanti, a semicerchio, la sezione fiati.
E in mezzo, come un totem, il direttore: si guarda in giro con una serietà che mette quasi soggezione.
Non sa nulla di me, il direttore, non mi conosce.
Eppure, lo sa il diavolo come abbia fatto ad intuirlo, sa che adoro Pastorius.
Cose che succedono solo nei sogni.
Ci sono due pezzi da eseguire: uno è di Pastorius.
Dicono di averlo scelto per me, per farmi felice.
L’altro è di Marcus Miller.
Stranamente, suonare con dei musicisti molto più bravi di me è semplice; e anche la manciata di stecche che mi scappano dalle dita non sono così gravi, tutto sommato.
Mi diverte da pazzi suonare questa musica.
Mi diverte da pazzi suonarla bene.
In una pausa, sento il batterista che dice al direttore: «Però, la ragazza viaggia!».
E io mi sento addosso una felicità che non capisco, che è troppo grande da digerire; un’emozione che non può restare chiusa dentro, che deve uscire in qualche modo.
Allora penso che la mente è proprio strana.
Perché quando c’è un forte dolore, tanto grande da farti impazzire, la mente trova sempre il mezzo di rimuoverlo. Di far finta che non esista. E’ autodifesa inconscia, un mezzo per salvare la pelle.
La stessa cosa succede con una felicità troppo grande: la mente cerca di cancellarla un pochino, di farla più piccina; fa emergere piccole negatività solo per rendertela più accettabile.
«Forse le parole del batterista sono finte.
Forse vorrebbero suonare con qualcuno più in gamba, ma non lo dicono per discrezione.
Forse preferirebbero un contrabbasso.
Forse troveranno qualcuno con più esperienza.
Forse tutto questo finirà».
Allora apro gli occhi, mi guardo attorno e… vedo esattamente quello che c’era nel sogno: il pianoforte, la batteria, la sezione fiati e il direttore.
Le partiture.
Jaco Pastorius e Marcus Miller.
E’ tutto vero.