Io di solito mi muovo per autore. Ho i miei punti fermi, che torno periodicamente a esplorare e ritrovare, e poi gli amori improvvisi, che mi trascinano per giorni dentro il loro mondo di avventure. Poi, certo, ci sono le cotte del momento per i titoli, le copertine, le storie… sarebbe lungo elencarle tutte.
A k.Lit ho fatto molti incontri, ma il più interessante è stato con Barbara Baraldi. Di lei non sapevo nulla, eppure è nata una simpatia (reciproca?) immediata. Quando poi ho scoperto che aveva scritto anche libri per ragazzi, mi sono e le ho promesso di leggere qualcosa di suo.
Un sogno lungo un’estate è uscito per i tipi di Einaudi a marzo. Certo, si poteva fare qualcosa di più e di meglio con la copertina, poco allettante (che sia, forse, la mia avversione per l’arancione?) e che non cattura l’attenzione; tuttavia, dopo aver letto il libro, se ne apprezzano molto di più i dettagli, e la delicatezza della scelta di una precisa scena del testo. Una copertina bruttina in modo consapevole, insomma.
La storia è dei nostri giorni; ce lo ricordano il computer, il cellulare, l’ipod e facebook. Per una volta, niente immersioni in mondi fantasy, ma la più semplice della realtà: una vacanza low-cost in campagna per la famiglia di Matilde, in evidenti difficoltà economiche a causa della perdita, da parte del padre, del lavoro. Tra oche, polvere e una gatta dispettosa, la dura realtà di un’estate priva di interesse e magia stringe come una morsa la protagonista; gli adulti non sembrano aiutarla in nessun modo, chiusi come sono nei propri problemi personali (di cui, piano piano, si verrà a conoscenza). Neanche il mondo dei pari le è solidale: l’amica di sempre, Veronica, ottusamente presa dalla sua vita e incapace di accogliere un’amicizia a doppio senso; le nuove conoscenze, figli di un vecchio amico del padre, troppo lontane e ostili per lei, piccola reginetta urbana.
Nel libro la fantasia trova il suo spazio nella sua sede naturale, che è quella dell’immaginazione personale, del viaggio di scoperta. C’è un mistero da risolvere, un mistero che non porta a mondi sconosciuti o a creature magiche, ma all’intreccio tra storia personale e Storia in senso stretto. Matilde è convinta di cercare fuori da sé un senso a quell’estate così noiosa, lontana da Veronica, da Nico, da Milano e dalla Sardegna; scoprirà invece che anche lei è parte di una storia famigliare da recuperare, di un dolore che è stato messo sotto silenzio ma che sta per riesplodere, come sempre accade.
Matilde percepisce la sua maturazione proprio nel confronto con l’amicizia. Quando un evento scombina le carte in tavola (siamo ormai alla fine del romanzo), Matilde commenta: «La cosa strana è che non ho voglia di raccontarlo a Veronica. Non mi importa. È un’emozione mia, e tenerla dentro di me ne custodisce il valore.» Delicatissima, qui, la descrizione dei processi di elaborazione dell’adolescente, che percepisce la necessità di definire, con un aggettivo generico (“strano”), la nuova emozione che nasce e, allo stesso tempo, comprende il valore di quanto è accaduto.
Un libro d’altri tempi, quello di Barbara Baraldi. Un libro pre-Twilight; il che è ancor più interessante per chi conosca la storia editoriale dell’autrice. Più adatto alle ragazze e, magari, da consigliare ai (o alle) quattordicenni più che ai (o alle) dodicenni, come suggerisce invece la quarta di copertina. Non certo perché i contenuti siano scabrosi o chissà che, solo per dare la possibilità di apprezzarne le sfumature. Quei due anni potrebbero fare la differenza.
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