Che Berlusconi preferisca la galera a un qualche lavoro socialmente utile, non sorprende: è nella sua natura aborrire tutto ciò che può essere utile alla collettività e non soltanto a se stesso. E di certo la prigione – nella quale peraltro non andrà mai, perché si lavora alacremente per salvarlo ad ogni costo – gli sarebbe molto utile a costruire quell’immagine di vittima che piace molto agli autocrati perché consente loro di esercitare meglio la spoliazione dei Paesi in cui comandano.
Però la cosa più probabile è che si trovi un qualche escamotage, grazie anche alla composizione della Corte di Cassazione, che rinvii il giudizio a settembre o rimandi tutto in appello o che elimini l’interdizione dai pubblici uffici che è l’unica cosa che davvero teme il Cavaliere, e più di lui tutto un sistema politico finalmente inchiodato alle proprie responsabilità e costretto ad uscire allo scoperto perché è il Parlamento che dovrebbe dare via libera alla pena accessoria. Così almeno la pensano le società di scommesse che pagano la condanna a 2,89 e l’assoluzione a 1,25. Perciò la fibrillazione dell’attesa colpisce più il Pd che il Pdl dove al massimo girano patetiche dichiarazioni di fedeltà dei gerarchi, come quella di Brunetta e dove ormai è piena corsa all’accaparramento del Partito e alla formazione di correnti come nucleo di un centro destra post cavaliere.
In un certo senso nel Pdl si ha più consapevolezza della fine di una parabola che non nel cosiddetto centro sinistra: il Pd senza politica ha un disperato bisogno di Berlusconi come falso antagonista e come giustificazione di esistenza in vita: la sua assenza significherebbe l’implosione del partito. E così si trova nelle peste: non può salvarlo platealmente in Parlamento, nemmeno con la scusa del governo necessario visto che il Cavaliere è inviso in Europa, ma non può nemmeno farne a meno. L’angoscia è grande sotto il cielo, le candele votive si moltiplicano affinché la Cassazione sottragga il partito al dramma di una scelta che sarebbe certamente letale per la creatura veltroniana e soprattutto per gli orti di potere che vi si affacciano. E poi c’è sempre il Quirinale che può esercitare la “moral (si fa per dire) suasion” indiretta sui giudici o che in seguito potrebbe architettare qualche coup de theatre, la grazia per esempio. Il fatto che il Quirinale abbia definito questa ipotesi come frutto di analfabetismo istituzionale, frase peraltro si suprema anbiguità, indica solo che ci si sta pensando. Non diversamente da quando Napolitano smentiva di voler essere rieletto mentre si dava da fare proprio in vista di questo obiettivo. Anzi come ultima diga potrebbe minacciare di dimettersi lui stesso: per colpire il cavaliere bisognerà passare sul suo corpo.
Del resto è anche possibile che la sorprendente rielezione di un presidente della Repubblica in età geriatrica, fosse fin da subito legata alle manovre per la salvezza del Cavaliere, opera nella quale l’inquilino del Colle si è sempre impegnato con viva e vibrante soddisfazione. Berlusconi si rivela così come il cardine di un sistema politico che si è appoggiato a lui anche quando era contro di lui. Non c’è da stupirsi se i veri berlusconiani si trovano ormai nel Pd.