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Un tè con Virginia e Jane nella stanza tutta per sé

Creato il 08 marzo 2014 da Lizzys @lizzysylvia66

Un tè con Virginia e Jane nella stanza tutta per sé

... Perché è un enigma senza fine cercare di capire come mai nessuna donna abbia scritto una sola parola di quella straordiazia letteratura mentre un uomo su due, a quanto sembrava, era in grado di comporre una canzone o un sonetto. In quali condizioni vivevano le donne, mi chiedevo [...].

Consentitemi di immaginare, dal momento che i fatti sono così difficili a ottenersi, che cosa sarebbe accaduto se Shakespeare avesse avuto una sorella meravigliosamente dotata, chiamata Judith, poniamo. [...] Nel frattempo, quella sua sorella straordinariamente dotata, immaginiamo, rimaneva in casa. Era altrettanto desiderosa di avventura, altrettanto ricca di fantasia, altrettanto impaziente di vedere il mondo quanto lo era lui. Ma non venne mandata a scuola [...], dovette essere promessa in moglie al figlio di un vicino mercante di lane.

[...] E così quella donna, nata nel sedicesimo secolo con il dono della poesia, era una donna infelice, una donna in lotta contro se stessa. Le sue condizioni di vita, i suoi istinti, tutto era ostile a quello stato d'animo che è indispensabile a lasciar libero quanto si ha nel cervello.

[...] A lei il mondo non diceva, come agli uomini, Scrivi pure, se vuoi; per me non fa alcuna differenza. Il mondo, sganasciandosi dalle risate, le diceva: Scrivere? E a che ti serve scrivere?

[...] Se una donna voleva scrivere era costretta a farlo nel soggiorno comune. [...] Jane Austen scrisse in quel modo fino alla fine dei suoi giorni.

"Come riuscisse a fare tutto questo, - scrive il nipote nel Memoir, - è sorprendente perché non aveva uno studio proprio in cui rifugiarsi, e la gran parte della sua opera deve essere stata scritta nella stanza di soggiorno comune, dove era soggetta a ogni sorta di interruzioni casuali. Faceva in modo che né le persone di servizio né i visitatori o chiunque altro al di fuori della famiglia si accorgessero di quello che faceva."

Jane Austen nascondeva i suoi manoscritti o li copriva con un foglio di carta assorbente. E del resto, la sola educazione letteraria che una donna riceveva agli inizi dell'Ottocento era un'educazione allo studio del carattere, alla analisi delle emozioni. Da secoli, la sua sensibilità veniva educata sotto l'influenza della stanza di soggiorno comune. I sentimenti delle persone rimanevano impressi su di lei, aveva costantemente sotto gli occhi i rapporti umani.

[...] E dunque, mi chiedevo, Orgoglio e Pregiudizio sarebbe stato un romanzo migliore se Jane Austen non avesse ritenuto necessario nasconderne il manoscritto allo sguardo dei visitatori? Ne lessi una pagina o due per capire ma non riuscii a trovare alcun segno del fatto che le condizioni materiali della vita dell'autrice ne avessero in minima parte danneggiato il lavoro. Ed era quello, forse, il vero miracolo della sua opera. Ecco una donna, agli inizi dell'Ottocento, che scriveva senza odio, senza amarezza, senza paura, senza protestare, senza fare prediche.

La stessa condizione nella quale scriveva Shakespeare, pensavo guardando il testo di Antonio e Cleopatra. E quando alcuni paragonano Shakespeare a Jane Austen, forse intendono dire che ambedue erano riusciti a dissolvere nella mente ogni ostacolo [...] ed è per questa ragione che Jane Austen pervade di sé ogni parola che ha scritto, proprio come fa Shakespeare. Se qualcosa faceva soffrire Jane Austen, questa era la ristrettezza della vita che le veniva imposta.

[...] Se riusciremo, ciascuna di noi, ad avere cinquecento sterline e una stanza tutta per sé; se prenderemo l'abitudine alla libertà e il coraggio di scrivere esattamente ciò che pensiamo; [...] se guarderemo in faccia il fatto che non c'è neanche un braccio al quale appoggiarci ma che dobbiamo camminare da sole, [...] allora si presenterà l'opportunità, e quella poetessa morta, che era sorella di Shakespeare, riprenderà quel corpo che tante volte ha dovuto abbandonare.

Un tè con Virginia e Jane nella stanza tutta per sé

Virginia Woolf in Una stanza tutta per sé, 1922

(brani tratti dall'edizione Einaudi, 1995)


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