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Javier Pastore, che spettacolo. Un altro calciatore in mocassini, di scena nella città che rese grandissimo Zidane. Lo stadio no, non è lo stesso. E neppure la squadra che veste di bianconero è quella in cui la classe di Zizou brillò così intensamente da abbagliare il «gazza ladra» Florentino Pérez.La Juventus, che l'estate prometteva di restaurare, è giunta al gran gala del campionato in forma tutt'altro che smagliante. Le rughe della Vecchia Signora sono più evidenti che mai, per nulla mascherate dal lifting di Andrea Agnelli: cognome pesante, e mondo del calcio ancora tutto da decifrare. La classifica parla di quattro punti in altrettante partite, con l'unico successo rimediato al Friuli contro un'Udinese ancora in astinenza da punti in questo campionato. Le motivazioni? Una difesa che fa acqua da tutte le parti, in primis: prendere gol da Cassano e Pastore ci sta, non imbarcare una tripletta di Artjoms Rudņevs però. Prandelli, comunque, ripone in Bonucci e Chiellini le proprie speranze di un'azzurro immacolato da svarioni difensivi - e fa bene, anche se Ranocchia... - i principali problemi dalla Juventus stazionano sulle fasce: esterni tutti, alti e bassi, Krasic a parte, non paiono idonei al compito loro rischiesto. E mentre Motta e De Ceglie, la cui collocazione ideale sarebbe sulla seconda linea, barcollano nell'uno contro uno e sbagliano persino le diagonali, Delneri propone: Pepe terzino!, nel tentativo di scimmiottare Lippi, che tanto bravo fu nell'inventarsi Zambrotta fluidificante per dar spazio a Camoranesi. Per inciso: Zambrotta e Camoranesi, sulla corsia destra dell'Italia di Germania, sollevarono al cielo la Coppa del Mondo con Lippi in panchina. Sì, la squadra vestita di bianconero non è più la stessa.