Magazine Poesie

Un ti amo, gioie sparse e soffi di gelo

Da Germogliare

409403_370475179715159_301923078_n

E poi ci sono quei giorni in cui il vento freddo dell’inverno arriva a bussare ancora una volta alla porta, si manifesta di là dai vetri, le cime degli alberi e le foglie delle palme costrette a curvarsi, si dimenano al suo volere.  Ma tu stai dentro, tant’è che non ti frega molto di ciò che avviene fuori, almeno oggi puoi stare in casa. Le spalle e le dita delle mani non ne vogliono sapere di scaldarsi, sarà per quella febbricola che persiste, eppure ti senti bene, hai stampato un sorriso leggero sul viso. E si riscalda la schiena con il calore della legna che arde nel camino, e va meglio, mentre il profumo del minestrone che bolle, invece, entra dalle narici e compensa il resto, sì. A te basta poco per supplire lo sbalzo dato dalle temperature.

Febbraio, è mese che non hai mai amato molto, è lì, in coda (tu inizi l’anno con la primavera), corto e gelido, che si porta dietro gennaio dalle feste andate e anticipa marzo, il tuo mese. Il mese di un germogliare certo, con il sole timido a bussare ai vetri e posarsi sulle superfici delicatamente, anche quando una nuvola prova a ingrigire il cielo, lui ritorna sempre, sicuro. Ma questo febbraio lo ricorderai per tutta la vita.  Lo stai amando. E anche se odi il freddo, mettere maglioni e giacconi, poiché rendono goffi, in questi giorni lo fai volentieri, per uscire e rendere ogni momento disinvolto.  Ridare con garbo ciò che questo cielo ti regala.

E non ti spieghi, in un susseguirsi di buonecose, ogni tanto, appena questa notte, come tornino gli spiriti a soffiarti gelo nell’anima, per provare ad allontanarla da te. E si ripete quell’angosci a volerti svegliare e correre via, da lui, che ti aspetta, lo chiami ma non ti esce il fiato, resta intrappolato nei polmoni e la paura invece è bloccata nella pancia e tremi e ti agiti, cercando di alzarti da quel letto di solitudini sparse. La voce no, continua a restare strozzata in gola, lo chiami ripetutamente ma lui non può sentire è troppo lontano, allora provi ad allungare le mani a cercarlo a croce per farti tirare via, portarti con sé, il pensiero e il desiderio a volte possono.  Al risveglio sai che non sono questi i timori che potrebbero bloccarti ora, paghi solo il pegno delle piccole gioie di ieri, l’altro ieri e il giorno prima ancora e prima prima ancora; e anticipatamente per ciò che è a venire.

Gioie.

In una sera si realizza un sogno perdurato dieci anni, un lavoro che qualcuno definì utopistico, te lo ritrovi controfirmato più volte, tra le mani. Non scatti foto in quel susseguirsi di momenti storici, non puoi e non vuoi, hai necessità di registrare ogni azione e sensazione, esclusivamente con il tuo essere, non hai l’esigenza di lasciare testimonianze d’immagini, una foto che ricordi ad altri cos’è stato è puerile. Tu eri lì, ed era il tuo momento e non eri sola. Passi oltre l’azione che blocca un click, non ci sarebbe stato mezzo capace di catturare ogni respiro di comunione, all’esterno ritorna la felicità che traspira dalla rilassatezza della pelle del tuo volto; il sorriso che è un tutt’uno con la luce dello sguardo e il tono della voce che sa di felicità.

E poi si aggiungono le intonazioni altrui, di chi ti cerca perché con te deve condividere la propria, di felicità, tu sai ascoltare, dicono. E ti rivelano di una giornata d’amore, una a settimana, quanto basta per vivere sei giorni. E sorridi ancora, sapendo che belle donne di 40, 50 anni e più si raccontano come piccole adolescenti.  Mischiando nelle chiacchiere sull’amore che fa tremare le ginocchia e toglie il sonno, anche il vivere che è gestione di responsabilità, l’essere madre, dare amore senza aspettarsi nulla in cambio, Invece? Eccovi, pazienti, arriva inaspettatamente il bacio di un figlio e un’altra gelata è sciolta. E l’amica dorata, che la vedi, accolta in ovazione mentre presenta il suo libro, e un coro canta per lei poiché è lei tutta, un coro di emozioni, e le trema la voce all’amica dorata, mentre legge e ringrazia, che al pensarci ti cadono due lacrimoni. Proseguono le giornate, s’incastrano le ore, altri pezzi di storie si ritrovano a introdurre; una donna che si occupa di tramandare la memoria delle donne attraverso l’arte contemporanea; giovani uomini che hanno fatto, unico scopo del loro lavoro, il problema d’identità della gente di confine.  Tieni i fili, stretti, non mollerai nulla. Ti senti indispensabile, sai che con te hanno un motivo in più per credere e continuare, gli ideali vi accomunano, ahimè, anche la testa dura. Adesso, qualcuno si scrive le tue battute e ti chiede di poterle fare sue, mentre tu, seduta al tavolino del bar, quasi mandi di traverso quel bignè alla crema. “Ma, dai!… fa ciò che vuoi, se ti fa piacere”.

Lui, dice che la febbricola sarà colpa dell’ansia, dice che la lontananza non aiuta a farti capire ciò che gli sta accadendo, mentre tu non puoi fare altro che dirgli che ci sei. Non gli dirai mai quanto sei preoccupata, ai pensieri che ingarbugli, disordinatamente nei giorni, provando a ipotizzare consigli, che restano senza voce come quando lo chiami di notte.   La tua mano è pronta a farsi afferrare, la tua voce può ascoltarla se spegne i rumori che lo circondano.  “Ti amo”, arriva come una stella cadente, rara ma luminosa e si alterna al “Mi manchi”, tanto possono bastare a farti riporre questo febbraio come un mese di calda primavera.  Marzo arriverà presto, porterà lui? Chi lo sa!

Monsieur Periné – La Playa

 

Foto dal web

 



Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog