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Un tipo di bellezza

Da Gabrielederitis @gabriele1948

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Venerdì 27 aprile 2012

CAMMINARSI DENTRO (382): Un tipo di bellezza

C’è un tipo di bellezza di cui non parlano artisti e filosofi e che non si può fermare in alcun modo in un’opera. Essa giunge inaspettata come un temporale di primavera, per arricchire i giorni e confermare la realtà di un legame. Parla solo a noi e torna a mostrarsi anche in forme inedite e nuove.
Non si tratta di contemplare un oggetto dotato di caratteristiche seduttive, perché colpisce al cuore. Non produce sommovimenti e sobbalzi né irrigidimenti repentini, quasi fosse spavento l’immensurabile epifania che si avanza.
E’ il suo volto, è la voce, il passo nervoso e incerto a proporre un’apertura improvvisa del cuore.

Siamo abituati a fissare in un’immagine e basta le armonie e le simmetrie, le linee che parlano alla fantasia e la eccitano, facendole sognare storie che nessuno narrerà mai. Non chiamiamo bellezza la figura che salva, perché contiene la promessa dell’istante che seguirà. Ci basta l’eterna e immutabile pulchritudo di sempre, quella che ci vince e ci riempie il cuore di nostalgia, come se avessimo perduto ciò che non abbiamo posseduto mai! E’ stato dato il nome di desiderium a questa follia della mente, a questo accarezzare la mancanza e l’assenza di ciò che non ci appartiene. La sua origine è forse proprio in quell’astratto contemplare un’immagine e basta. Come se da un calco potesse sollevarsi il profumo della vita e raggiungere i nostri sensi e stordirci con la sua dolcezza!

Io preferisco per me lo sguardo incerto e compunto, e una voce sempre ferma e insinuante, a volte roca e stridente, che stanno lì a ricordarmi il dolce che si nasconde dietro l’aspro rimprovero e il rimpianto dolente di chi non accetta il distratto discorrere di cose che non si incontrano mai con la bellezza nascosta, che sta lì, davanti ai nostri occhi, racchiusa tutta in quella superficie di sguardi e di suoni e di gesti trattenuti e scomposti.

Al piacere statico della contemplazione e basta preferisco la danza della vita, che è fatta delle cose a noi note, che si fanno miele che si distilla per approssimazioni e contrasti. La promessa di un abbraccio. L’incedere solenne e misurato, quasi ci fosse da occupare in ogni istante una posizione nell’aria, alla maniera di una danza. L’intonazione calda della voce. Ma soprattutto, lo sguardo rivolto verso di me. Proprio verso di me. Non come sono soliti guardare nelle ore stanche della sera i vicini e i lontani. Ma nelle prime ore del mattino, quando la vita è una promessa, e quella promessa sorride a me, solo a me. Questo tipo di bellezza è tutta nell’incanto delle cose, nell’incontaminato stupore del mattino della vita.


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