Facendone scempio.
Se infine ti capita (che di rado si sceglie) un FurioDifferenziatore, modello urbano di ex-single tutto fare, e fino a ieri ti ritenevi normo-ordinata, ti toccherà cambiare idea: se pensavi che avere un cassetto per le magliette, due per i maglioni e tre ante per le borse fosse un buon livello di archiviazione domestica, vivendo con l’EffeDì, imparerai presto come il razzismo – bel lungi dall’estinzione post secessione americana- possa travalicare le mura domestiche facendo in modo che i bianchi vadano con i bianchi, che i neri stiano per i fatti loro e gli altri colori pure, dentro e fuori dalla lavatrice; scoprirai come un calzino non stirato – per quanto egregiamente appallottolato fino a dargli una parvenza di piega – rappresenti un insulto all’evoluzione della specie e ti stupirai apprendendo come l’uso dell’aspirapolvere meriti la stessa frequenza/costanza/dedizione di spazzolino, filo interdentale e colluttorio antiplacca.Furio si alza (anzi: salta fuori dal letto) e mentre ancora tu ravani per posticipare la sveglia e sei lì che dici mmmh buonhrioormmohmmm fasciamo scinque minuti di mmmm, lui è già sotto la doccia e nel frattempo ti ha aperto le finestre (tutte) e ribaltato il piumone. Che poi deve rifare il letto. O si smaterializza.
Furio è veloce, efficiente, maniaco dell’ordine e spietato killer dei microbi. Tu no. Tu vivi. E tolleri – suo malgrado - l’intollerabile. Se lasci un cassetto aperto, poi, lui somatizza. E se somatizza, sta male e se sta male, è colpa tua. Prima di lui, tu passavi l’aspirapolvere due volte la settimana. Lui tre. Al giorno.
Nel tuo lontano e felice vissuto ante Furio, hai sbrinato il frigo una volta. In due anni. Lui lo deve fare/esige sia fatto una volta al mese. Con aceto, viakal e soda caustica, che non si sa mai ci si sia stabilita una famiglia di nano-necromongers.
Senza di lui il CIF ti durava più di un mese. Con lui, meno di una settimana.
Da sola avevi uno stipetto per i detersivi. Che ora hanno un’intera parete attrezzata in quello che era l’armadio per la biancheria, migrata al posto delle borse, spiaccicate e spiegazzate in un angolo sotto i vestiti. Prima. Tu facevi solo la doccia. Poi uscivi, ti asciugavi (mica sempre) e a volte, in vena di follie, ti mettevi un filo di crema. Ora no. Ora fai la doccia e poi, attenta a non far cadere nemmeno una goccia, ti sporgi per prendere il panno e asciughi. I vetri. Ché se no si fa il calcare.
Lavi i denti e asciughi il lavandino. Bevi il caffè e hai già lavato la tazza, immediatamente riposta.Scoli la pasta e disinfetti la pentola, subito. Senza indugio. O potrebbe esplodere.
Hai smesso anche di sognare, di notte. Perché i sogni ti facevano muovere troppo e muovendoti troppo spiegazzavi le lenzuola. Che poi avresti dovuto cambiare il giorno dopo (non vorrai dormire in un letto così vero???). E lavare a novanta gradi nemmeno avessi l’ebola.
Tu differenziavi, raccogliendo i giornali e il vetro ed evitando la tentazione di buttare – con l’alibi della fretta, o del freddo e magari pure quello della pioggia- i tre sacchetti nello stesso cassonetto. Lui non solo differenzia, ma controlla il contenuto della spazzatura in cerca d’intrusi. E poi urla. Sentenzia. E ("Ah ha! Lo sapevo!!!") scomunica.
Prima di lui, possedevi una casa la cui manutenzione ti impegnava un massimo di otto ore settimana (stiro incluso) con un discreto roi. Ora, con lui, la manutenzione ti possiede e le ore-uomo impiegate per la medesima, buttato il roi nel cesso e asciugato il bordo, ti fanno sognare di incontrare un ipovedente. Magari muto. Che non possa, mai, in nessun caso, trovare una briciola scappata dal cestino del pane al ripiano della credenza, una grinza su un lenzuolo o una lattina nel buzzico sbagliato. E men che meno lamentarsi.