VENERDI' DEL LIBRO - GIRO D'ITALIA LETTERARIO - COLLAGE
UN VENERDI' DEL LIBRO CHE, CON IL GIRO D'ITALIA LETTERARIO, FA TAPPA IN UMBRIA, LA MIA REGIONE DI ORIGINE
Per un fine settimana si può programmare una gita tra il verde visitando anche la località Giro di Vento, presso Otricoli in provincia di Terni, (l'antica Ocricolum, adagiata su una collina dominante la Valle del Tevere e sulla sinistra della via Flaminia) dove è ambientato l'omonimo libro di De Carlo, edito da Bompiani nel 2004.
IL ROMANZO CHE HO LETTO
VI PRESENTO L' UMBRIA, CUORE VERDE DELL'ITALIA...
"...il continuo rincorrersi di colline che digradano in vallate ampie, offre alla vista un paesaggio tipico con piccole città, raggruppamenti di case, poste sui pendii dei colli, suggestioni da presepio..."in The Voyage of Italy di Richard Lassels
....la mania per il Grand Tour e l’espressione stessa, sembra abbiano fatto la loro comparsa proprio sulla guida di Richard Lassels, edita nel 1670, anche se il successo del libro di Thomas Coryat Coryat’s, Crudities, è spesso considerato come l’inizio della mania per i Viaggi in Italia ed in Europa.
UMBRIA - META DEL GRAN TOUR Il Grand Tour, dunque, era un lungo viaggio nell’Europa continentale effettuato dai ricchi giovani dell’aristocrazia europea a partire dal XVII secolo e destinato a perfezionare il loro sapere. Questo viaggio poteva durare da pochi mesi fino a svariati anni. La destinazione finale era comunemente l’Italia. Durante il XIX secolo, la maggior parte dei giovani europei istruiti fece il Grand Tour. Più tardi, divenne alla moda anche per le giovani donne. Un viaggio in Italia con la zia nubile in qualità di chaperon faceva parte della formazione della signora d’alto ceto.
Thomas Coryat Coryat’s, Crudities
Verso la fine del Settecento ogni uomo di cultura europeo che si rispettasse doveva aver compiuto almeno un viaggio in Italia, paese ricco di testimonianze del passato classico, di paesaggi bucolici e sempre vivacizzato da feste, spettacoli teatrali e musicali. L’Umbria, terra di transito quasi obbligata lungo la strada che conduce a Roma, ha sempre rivestito un ruolo centrale in tutti gli itinerari. Ciò giova indiscutibilmente anche alla sua fama nel corso del Grand Tour: il pittoresco ed il sublime, alla cui ricerca si mettevano i viaggiatori, sono due aspetti di una certa estetica del paesaggio sicuramente presenti in Umbria.Tutt’intorno, fiumi, ruscelli torrenti, tra montagne verdissime percorse da sentieri antichi che conducono in piccoli borghi medievali arroccati su colline coltivate a oliveti e vigneti. E, a pochi chilometri, i siti archeologici umbri, romani ed etruschi, da Carsulae a Ocriculum, fino alle necropoli di Orvieto e ai ricchi musei di Amelia e di Terni; le rocche e i castelli del narnese, del ternano e dell’orvietano, le mirabili chiese romaniche e gotiche, gli eremi francescani, le atmosfere suggestive dei tanti borghi medievali come Stroncone, Narni e San Gemini. Tutto racchiuso in un territorio unico, lontano dai luoghi comuni. La campagna e il paesaggio agricolo, gli specchi d’acqua come quelli del lago di Piediluco e di Corbara, la natura splendida come quella delle aree protette dell’oasi di Alviano o quella suggestiva della Valnerina; infine i mille colori ed i profumi, i valori semplici di una volta, le testimonianze storiche, artistiche e culturali, uno scenario rigeneranteE proprio l'Umbria era ammirata per il territorio essenzialmente montuoso e collinare, nell'Appennino Umbro-Marchigiano, a confine con le Marche, dove si trovano i Monti Sibillini con il Monte Vettore, la cima più elevata.Se attraversiamo il territorio, nella parte centrale, occupata dalle colline intervallate da conche e valli, ecco il verde panorama ondulato con la Valle Tiberina, percorsa dal fiume Tevere, la più lunga anche se la Valle Umbra è il “cuore” della regione in quanto vi si trovano i centri abitati più conosciuti come Perugia, Assisi, Gubbio e Spoleto. Infine il Fiume Nera, affluente del Tevere, che nel ricevere le acque del Fiume Velino, provenienti da un altopiano, con un salto di 160 metri forma la famosa Cascata delle Marmore a Terni dallo spettacolo suggestivo, ed a ovest di Perugia, il Lago Trasimeno, il più esteso dell'Italia centrale. Generazione De Carlo......c’è che l’altra sera ho finito di leggere Giro di Vento, acquistato in edizione economica.Questo romanzo - secondo le indicazioni temporali del GdL GIRO D'ITALIA LETTERARIO- , rientrava come testo di lettura in tempi pù ristretti,ma ne tratto ora poiché ne ho una visione più ampia e completa.La storia non è male, al di là delle caratterizzazioni dei personaggi un po’ stereotipate, tutto stretto in una vicenda abbastanza avvincente con una solida unità di tempo e luogo.
PERCHE' GENERAZIONE DE CARLO......la sua generazione è cresciuta con lui, ritrovandosi nei suoi romanzi, tutti diventati bestseller. Eppure non scrive narrativa di genere e non è mai ricorso all' espediente della trama gialla per attrarre i lettori. È il caso De Carlo, un' anomalia italiana da centomila copie a titolo. Ne ha pubblicati tredici, uno dei quali,Due di Due, è un longseller, che da diciassette anni i ragazzi si passano di mano. Ogni volta, dal 1981, quando a 29 anni ha esordito con Treno di panna,la sua esistenza è diventata materiale narrativo. Il suo tredicesimo romanzo, IL LIBRO IN QUESTIONE, è il primo a non veder protagonista un suo alter ego; anche se i quattro professionisti che danno vita al libro potrebbero benissimo essere suoi ex compagni di liceo, dei potenziali De Carloarricchiti e nevrotici, che vivono dei simboli del denaro e parlano con il linguaggio delle loro carriere. Questa volta l' autore si è divertito a portare nella storia un personaggio reale, l' amico percussionista Arup Kanti Das.
Nel testo, è l' indiano che occupa assieme ad altri una cascina umbra messa in vendita, nei pressi di Otricoli, poichè la località Giro di vento è realmente in Umbria. Ma ciò non ha nulla a che fare con l' autobiografia. Giro di vento nasce da un' avversione, ed il motore del libro è il disagio di De Carlo, sorto quando, dopo lunghi soggiorni all' estero, si è ritrovato ad abitare un' Italia che non gli piaceva. Ecco allora inventarsi Luisa, Enrico, Margherita e Arturo, ossia la direttrice editoriale, l' architetto, la starlette televisiva e l' arredatore che partono un venerdì da Milano, destinazione Umbria.
Vanno a comprare un antico casolare per trascorrere i weekend insieme, come ai bei tempi. Alla guida della monovolume che scende verso la campagna sta Alessio, agente immobiliare di "lucrose" speranze. L' ironia dei quattro sul suo "rampantismo" diventa invidia in Umbria quando, nei pressi della proprietà in vendita, la macchina finisce in un fosso e si rompe. I cellulari non prendono, fa freddo, è notte e piove. I cinque "amici" devono trovarsi un rifugio. È il primo atto di un tranquillo weekend che comincia a girar storto e diventa di paura non appena trovano un tetto. Illuminati dalla penombra delle luci a olio, scoprono di trovarsi nella loro futura casa e di essere ospiti sgraditi della piccola comunità di autarchici che l' ha occupata.
Giro di vento è un romanzo strutturato, sembra quasi scritto per il cinema e capitolo dopo capitolo si nota una progressione di colpi di scena, che minano gradualmente le sicurezze dei protagonisti. Ciascuno degli ex ragazzi di città inizia in certo modo a sentirsi fuori posto riguardo alle proprie scelte, a come vive, a chi è, a com' è diventato. Le inquietudini personali si ampliano in un continuo rimpallo tra azioni e reazioni. La diffidenza è una costante delle relazioni tra i due gruppi, gli integrati e i ribelli, che da estranei si confrontano nel romanzo. A fine weekend, il destino di ciascun componente dei cinque amici arrivati in Umbria, sarà largamente influenzato dal suo grado di apertura agli «estranei». Ma il romanzo è anche un libro «visivo»: il narratore fotografa il mondo rimettendolo in gioco sulla pagina. Anche i pochi cenni psicologici sono risolti in immagini (d'altronde uno degli interessi di De Carlo è proprio la fotografia). Lo sguardo dell'autore è spietato per la molteplicità dei particolari riportati, la descrizione minuziosa delle sensazioni in campo. Per dirla con Calvino, c' è «una particolare acutezza dello sguardo che afferra e registra un enorme numero di particolari e sfumature (...) ingigantiti come attraverso una lente d' un teleobbiettivo». Lo scriveva nell' introduzione a Treno di panna, il libro con cui De Carlo esordì nell' 81.
LO STILE
Giro di vento è il romanzo più vicino a quel primo, che ebbe tante critiche lusinghiere anticipando di qualche anno la stagione del minimalismo americano. Ma in quel momento quel che importava era altro: infatti con De Carlo, Tondelli, Palandri ecco una generazione di scrittori pronta a riferirsi alla vita prima che alla tradizione letteraria. In sostanza una narrativa basata sull' individualità emotiva dell' autore: al centro la realtà come luogo di identificazione. E' qui il segreto del lungo successo editoriale, e lo scrittore, che con Giro di vento ha voltato le spalle all' autobiografismo, ha modificato il modo di strutturare il romanzo oltre a cambiare editore (passando a Bompiani), è tornato ai giorni dei suoi esordi per trovare le parole, e «lo sguardo» necessario a de-scrivere la sua svolta. 13 Novembre 2004 - 10 ANNI FA, UNA PRESENTAZIONE INUSUALE ...
...quella del libro - Giro di vento - di cui l' autore, Andrea De Carlo, ostinatamente e garbatamente, si rifiuta di parlare, ma suona la chitarra acustica: niente presentatori (vecchia istituzione fuori moda), sostituiti da due musicisti, affascinanti per la loro grazia casual- esotica, ed il mistero dei loro strumenti... E poi la presentazione in un teatro quello della Cometa, non in una libreria.È stata squisitamente snob anche la scelta del teatro, creato nei primi Anni Cinquanta, utilizzando le scuderie del suo palazzo all'Ara Coeli, dalla contessaAnna Laetitia Pecci Blunt, nipote del papa Leone XIII° e soprattutto mecenate delle arti fin dagli Anni Trenta. Alle nove, teatro pieno, molte coppie alternative, qualche amichevole ex fidanzata dell'Autore, (Eleonora Giorgi, l'attrice e regista che ha ispirato ad Andrea De Carlo più di un romanzo, arrivata alla fine del Concerto tra parole e musica), si spengono i telefonini e si abbassano le luci, sul palcoscenico, arredato come un loft povero, campeggiano le due chitarre acustiche dell'Autore, ed altri indecifrabili fantasiosi strumenti musicali: bellissimo il grande corno in mogano rosso, di cui si scoprirà in seguito l'origine e la storia... Nella penombra un corpo maschile snodato, si alza da un divano malconcio, come svegliandosi dal sonno, e si avvia, in casacca judo e zuccotto in testa verso il corno rosso… Si apre una porticina e sbuca De Carlo, ancora ricciuto come ai tempi del suo esordio da ragazzo, 'Treno di panna', il romanzo 'benedetto' da Italo Calvino, ma più magro e ancora più on the road, con i jeans neri debitamente stinti e una maglietta. Si presenta, introduce il musicista australiano Phil Drummy, che stupirà gestendo, nel corso del concerto, almeno sei strumenti (l' impropriamente 'corno' è una tromba aborigena, e questa, spiega Phil, si chiama Idikin: è il nome dello spirito di un guerriero che si annida nel cavo dei grandi alberi, e pretende una musica cerimoniale). L'Autore va ad aprire la porticina, e presenta al pubblico rapito un giovane bengalese in tunica di leggera seta arancione, volto magnetico, i capelli nerazzurri, le mani prodigiose che scandiranno per tutto il tempo una musica ipnotica, battendo sulla coppia di tamburi benaglesi: i tabla. Poi un altro giovane musicista, Arup, come uno dei personaggi di Giro di vento... Signorilmente, Andrea De Carlo, non ha neppure accennato, al suo libro, e figurarsi parlare di trama e di personaggi! Ha invece sottolineato come Giro di vento sia stato stampato, per sua scelta, su carta riciclata e sbiancata senza l'uso del cloro. Ha chiamato in palcoscenico anche il responsabile romano di Greenpeace, Sergio Baffoni: «Il pianeta - ha ricordato l'ambientalista - consuma 300 milioni di tonnellate di carte all'anno, il consumo individuale, nei Paesi sviluppati, è stimato in 200 chilogrammi annuali». Ho smesso di prendere appunti sul mio bloc-notes, sentendomi corresponsabile del disastro. Bisognerà, di nuovo, come ai tempi di Socrate, affidarsi alla memoria.
OGGI...
... si divide tra la casa sui Navigli a Milano e la campagna vicino a Urbino («non è così selvaggia come quell' angolo di Umbria in cui arrivano i miei personaggi, però a volte anche lì possono saltare le linee telefoniche o andar via la luce»). Da tempo si dedica alla musica, esegue sue composizioni alla chitarra. Ha inciso un disco ed è in uscita un altro, insieme a un libro -da Bompiani- che è una specie di diario fotografico sui luoghi di Giro di vento. Tiene concerti quando partecipa a Festival letterari, insieme ad un musicista indiano, del Bengala: si chiama Arup, come uno dei personaggi del romanzo. «Non avevo mai trascinato un personaggio reale in un mio libro, ora l' ho fatto. E Arup si è divertito molto all' idea». ...MA
... Andrea De Carlo ha vissuto, lo scorso anno, il superamento, anche mediatico, della sua esperienza come giurato nel programma televisivo "Masterpiece” Mi sono chiesta in che modo la sua esperienza televisiva in Masterpiece, abbia cambiato il suo lavoro di scrittore. Certamente l’esperienza in sé ha avuto degli aspetti allucinanti, fra cui quello principale di cadere, da costruttore di storie, in una storia scritta da altri, che può essere un incubo. Dall’altra, però, uno la televisione o la conosce guardandola o magari andando ospite in un programma. Ma viverla da dietro le quinte ti fa scoprire anche dei meccanismi complessi e interessanti ed inoltre c’è l’effetto che la televisione ha. Una volta che esiste questa dimensione pubblica in video si diventa oggetto di tutto questo, smentendo in parte l'assunto di Giro di vento....Infatti l'autore ha iniziato la sua carriera in un periodo precedente ad internet. Ora viviamo in un’epoca in cui i social network invadono costantemente la comunicazione. Quindi uno scrittore abituato a comunicare attraverso un libro e magari qualche incontro con i lettori, improvvisamente si trova catapultato in una scarnificazione costante del proprio lavoro attraverso i social. E certamente l'autore può affermare:”Sono molto contraddittorio rispetto a questo. Da un lato internet per me è importantissimo, non credo che potrei farne a meno ormai mentre scrivo. C’è tutta una parte di ricerca, che mi ha condotto ad esplorare nei campi più diversi per scrivere i romanzi più recenti. È un aiuto incredibile, ti dà la possibilità di accedere a moltissime fonti, di fare confronti, ma dall’altro mi fa paura la moltiplicazione di io che c’è nei cosiddetti social network. Io tutt’ora non ho una pagina facebook e non ho un profilo twitter. Poi però succede che se non ce l’hai c’è qualcuno che ne usa uno a tuo nome, per cui anche lì è una storia complicata e interessante perché in continua evoluzione. Fra l’altro, non incidentalmente, scrivendo una storia ambientata oggi, nella contemporaneità assoluta, è difficile immaginare personaggi che non abbiano a che fare con questi mezzi. Fanno ormai inevitabilmente parte di un romanzo contemporaneo.”Credo che sia forte l' impatto per ogni autore, nel momento in cui non è più sua la storia che ha scritto, ma se ne impossessano i lettori, oltre ad essere un momento molto bello, emotivamente intenso. Quando il libro viaggia per conto suo, diventa di chi lo legge, in un certo senso non è più di chi lo ha scritto. È passato attraverso l'autore ma poi diventa una storia di chi la legge. E' giusto che ogni scrittore provi per nulla un senso di possesso o di nostalgia rispetto a quando era una storia solo sua, però ovviamente sarà curioso, vorrà constatare come un lettore o una lettrice interpretano il romanzo, che tipo di lettura ne fanno. Credo che questa sia la fase di scoperta più avvincente per lo scrittore.
IN SOSTANZA...
Giro di vento: chi mai avrebbe voluto vivere nel Medioevo?
“Se non è troppo disturbo dovremmo fare una chiamata dal vostro telefono, per far venire un carro-attrezzi o un taxi dal paese” [....] L'indiano muove le labbra: dice “Non abbiamo telefono”. “No?” dice Enrico [....] “Allora non è che ci potreste acccompagnare in macchina fino al paese?” [....] L'indiano muove appena la testa; dice “Non abbiamo macchine [....] Non abbiamo nessun tipo di motore”. “Siamo contro i motori” dice la donna con il bambino. “Ah, ecco” dice Arturo. Alessio rivolto a nessuno in particolare dice “Siamo finiti nel Medioevo, siamo finiti”