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Un voto a maggioranza per correggere i millesimi di 50mila condomìni, ma resta qualche dubbio.

Creato il 17 settembre 2010 da Ilnostrocondominio
Un voto a maggioranza per correggere i millesimi di 50mila condomìni, ma resta qualche dubbio.Cambiare le tabelle millesimali con un voto a maggioranza: la sentenza 18477/2010 della Cassazione promette di far piazza pulita di tante piccole ingiustizie in condominio. Finalmente il vicino che ha reso abitabile il sottotetto, così come quello che si è "allargato" in cortile con una grande veranda, potranno essere chiamati a pagare il giusto.
Prima ci voleva l'unanimità o, in mancanza di accordo, il ricorso al giudice. Con la conseguenza che tante situazioni critiche sono rimaste semplicemente bloccate. Oggi – dicono le Sezioni unite della Cassazione – è sufficiente la metà più di uno degli intervenuti in assemblea, che rappresentino almeno 500 millesimi. Una bella ventata di semplicità per tutti quegli edifici, e sono almeno 50mila, in cui ci sono i margini per ritoccare i millesimi.
Il guaio è che sulla corretta lettura della pronuncia gli interpreti si sono subito divisi. Si aprono incertezze sulla tipologia delle tabelle modificabili, sulla casistica che può determinare la correzione e sui criteri da seguire nel calcolo. In ogni condominio, quindi, sarà fondamentale preparare bene il terreno prima di avviare la procedura: consultare un tecnico preparato e poi costruire un ampio consenso in assemblea.
Il ministero dell'Economia e delle finanze ha conteggiato 1 milione e 18mila codici fiscali, attribuiti ad altrettanti edifici, che rappresentano quindi il "pianeta condominio" in Italia. A parte i casi in cui c'è stato un errore di calcolo nella formazione dei millesimi, i palazzi nei quali occorre una modifica delle tabelle millesimali sono quelli in cui sono stati alterati i rapporti di valore tra gli alloggi. Detto diversamente: se chi vive all'ultimo piano ha trasformato in mansarda la soffitta, il suo alloggio deve "pesare" di più rispetto a quello del piano di sotto.
Quindi, se ora ha 40 millesimi, dopo la modifica potrebbe averne, ad esempio, 50, con un aumento delle spese condominiali di quasi 500 euro all'anno (ipotizzando la spesa annua standard di 1.900 euro). E lo stesso succede quando il palazzo è stato sopraelevato, quando è stato costruito un superattico sopra l'ultimo piano o quando sono stati realizzati una grande veranda o un soppalco che trasforma di fatto in bilocale un monolocale.
Sono quelli che tecnicamente si chiamano ampliamenti. Le ultime rilevazioni dell'Istat, piuttosto datate, indicano che tra il 1995 e il 2006 sono state aggiunte alle case italiane quasi 90mila stanze all'anno. Logico che la maggior parte di questi interventi si riferisca a villette e case monofamiliari. Ma un intervento su dieci – ricalcando l'andamento standard della produzione edilizia – è riconducibile a edifici plurifamiliari.
Così, sommando tutte le situazioni irrisolte nel corso degli anni, si può calcolare che almeno 50mila condomìni su un milione – il 5% – possano beneficiare della sentenza. Una stima di massima, ma sicuramente prudenziale: basti pensare, per rendersene conto, alle leggi varate in 17 regioni per consentire il recupero a fini abitativi dei sottotetti e alle migliaia di interventi effettuati nella sola città di Milano grazie alla legge regionale 12/2005.
L'impatto della sentenza si farà sentire anche sul contenzioso. Nei condomìni italiani – secondo il 3° rapporto Anaci-Censis – ogni anno sorgono più di 180mila nuove cause giudiziarie, che vanno ad alimentare uno stock che Il Sole 24 Ore ha stimato in circa un milione di vertenze pendenti. I motivi di litigio principali sono l'utilizzo delle parti comuni, i rumori molesti e gli interventi di manutenzione dello stabile. Ma tra i motivi meno frequenti, rileva l'Anaci, ci sono anche quelli relativi ai millesimi.
In effetti, finora pochi comproprietari si sono avventurati in un'azione di revisione delle tabelle, perché la necessità di citare tutti gli altri inquilini – unita alla complessità della materia – funzionava da deterrente. Il voto semplificato in assemblea, comunque, potrebbe eliminare anche queste cause e, con un po' di buona volontà, favorire lo smaltimento dell'arretrato.
Perché questo obiettivo non rimanga sulla carta, però, bisogna che i condòmini si muovano con attenzione: altrimenti, il momento della controversia sarà solo rinviato, e chi si riterrà danneggiato dalla nuova tabella impugnerà la delibera o promuoverà l'azione di revisione.
I dubbi sono rilevanti. Subito dopo la sentenza alcuni interpreti, tra cui Confedilizia, hanno affermato che le nuove regole si applicano solo alle tabelle d'uso e non a quelle di proprietà. Altri ancora, invece, ritengono che possano valere per tutte le tabelle. Neppure sui criteri di calcolo delle tabelle la legge detta regole precise. E anche sui presupposti delle modifiche ci sono incertezze: l'assemblea può intervenire a sua discrezione, oppure bisogna rispettare la casistica definita dall'articolo 69 delle disposizioni di attuazione del Codice civile?
L'unica soluzione, in attesa che si consolidi un'interpretazione collaudata, è cercare il più ampio consenso nel condominio e consultare un tecnico che sia in grado di valutare la posta in gioco. Ricordando sempre che avviare la procedura per "spostare" un paio di millesimi non avrebbe senso.
Fonte: Cristiano Dell'Oste de Il Sole 24Ore

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COMMENTI (1)

Da silvester
Inviato il 27 maggio a 12:41
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Egregi Signori, a mio avviso, all'articolo da voi pubblicato, a firma Cristiano Dell'Oste, va aggiunta una osservazione fondamentale:
e cioè che per la revisione della tabella vanno applicati i criteri con cui la stessa é stata creata. Dovrebbe suggerirlo il buon senso. Ma richiamiamoci alla logica e alle norme vigenti.

LA LOGICA. In un condominio di 5 piani e due scale = 20 alloggi di ca. 80 mq commerciali cadauno, un condòmino chiude con veranda un balcone coperto delle dimensioni di una piccola stanza, di circa 16 mq calpestabili. Viene proposta la revisione dei millesimi, e si dà l'incarico a provvedervi ad un geometra. Domando: quale scelta farà il geometra fra le seguenti: ►rimisurare ogni appartamento, applicare i correttivi che riterrà convenienti e produrre quindi una nuova tabella, creata ex novo come creata lo fu quella precedente, fornita dal costruttore e oggi ancora vigente; ►prendere invece in esame solo le variazioni / incrementi apportati dal condòmino, che ha fatto i lavori, ad essi applicare i criteri di calcolo precedenti, ed ottenere così i millesimi da caricare al condòmino, e da scaricare invece proporzionalmente dagli altri? La risposta mi pare semplice. Sceglierà il 2^ metodo perchè più rapido e meno costoso. Ed unico legalmente ammissibile, peraltro, come espongo di seguito.

LA LEGGE. La tabella millesimale viene una prima volta creata, e successivamente, eventualmente modificata. Ai sensi dell'art. 69 disp. attuazione c.c.la modifica é ammessa per 2 soli motivi: errore di calcolo nella tabella precedente, ovvero. quando, per le mutate condizioni di una parte dell'edificio, in conseguenza, ecc. L'errore di calcolo verrà ammendato. Le formule applicate primieramente saranno utilizzate per rifare il calcolo correttamente. Non mi capirei davvero chi sostenesse si dovrebbe rifare il calcolo evitando l'errore e UTILIZZANDO FORMULE DIVERSE. L'incremento di mq o di volumi ottenuto dal condòmino che ha fatto i lavori saranno valutati con i criteri di calcolo originari. Il risultato in millesimi andrà a carico del condòmino che ha fatto i lavori ed a scarico degli altri. Perché affermo che dal punto di vista NORMATIVO l'utilizzo di criteri di calcolo diversi dagli originali non é possibile? Se su 20 alloggi 1 ha fatto lavori, e 19 no, io chiedo: Consente forse la legge che tali 19 alloggi, per cui non ricorrono né errori né variazioni, siano fonte AUTONOMA di millesimi da mettere in gioco?

La risposta é No. Perchè per loro non ricorrono i presupposti per la revisione previsti dal c.c. Essi vedranno variare i loro millesimi, sì, in relazione revisione fatta a carico dell'unico alloggio in cui tali presupposti ricorrevano. Concludendo: l'unica fonte di millesimi da ridistribuire é l'alloggio per cui é ammissibile la revisione. Utilizzare criteri di calcolo diversi dagli originali non é possibile: applicarli solo alle modifiche e non sull'intero fabbricato sarebbe ridicolo; applicarli a tutti gli alloggi farebbe sì che anche i 19 fossero fonte di millesimi da ridistribuire. Ma ciò ci direbbe che si é provveduto ad una revisione per 19 alloggi per cui una revisione non é invece consentita.

In verità casi come questo, in cui si vogliono rivedere i millesimi di tutti, utilizzando criteri innovativi, nascondono malamente il desiderio di favorire sé stessi a scapito degli altri. Sentiamo sempre noi tutti di essere vittime di ingiustizia, e che gli altri sono stati favoriti. Quale migliore occasione di un lavoro fatto da qualcuno per caricare a quello, che evidentemente di soldi ce ne ha, le ingiustizie che abbiamo subito nel tempo a causa di tabelle calcolate in modo iniquo?

Vedasi peraltro

cosa dicono quasi tutte le riviste per geometri, architetti ed ingegneri in argomento. Citerò solo: Franco Guazzone su Noi Geometri (Milano, ecc. Lombardia) N° 04 Luglio – Agosto 2010 e il Geometra veronese Dicembre 2010 Anno L n°12, cosa dicono i giuristi: 1 per tutti, l'Avv. Raffaello G. Orofino su Appunti di diritto civile ed amministrativo il 2 settembre 2010, vedasi in rete Http: //blog.studiolegaleorofino.it/condominio-modifica-tabella-millesimale-maggioranza/, nelle sue risposte. Di cui riporto un passo:

<< Avv. Raffaello Orofino ha scritto il 2 settembre 2010, alle ore 12:48 Con la sentenza n. 18477/2010, la Corte di Cassazione ha riconosciuto la legittimità della adozione a maggioranza qualificata della delibera di approvazione della tabella millesimale, in virtù del suo carattere meramente ricognitivo, posto che con tale modifica ci si era limitati ad adeguare i valori millesimali espressi nella tabella alla nuova situazione di fatto esistente nello stabile (notevolmente mutata in seguito ad una sopraelevazione), fermo restando il criterio di ripartizione delle spese vigente. E’ forse il caso di ricordare la vicenda che ha dato origine a quella sentenza: Tizio, residente all’ultimo piano di un edificio costituito in condominio, provvede alla sopraelevazione del lastrico solare, di sua esclusiva proprietà. Tale sopraelevazione, com’è ovvio, va a mutare in maniera considerevole lo stato di fatto esistente al momento della redazione della tabella millesimale. Pertanto, l’assemblea condominiale approva, a maggioranza, una nuova tabella millesimale, aderente alla nuova situazione venutasi a creare in seguito alla realizzata sopraelevazione. Tizio non ci sta, ed impugna la delibera di approvazione della nuova tabella, eccependo che la stessa non può ritenersi legittimamente adottata, in mancanza dell’unanimità dei consensi. Il condominio resiste in giudizio, replicando che, poiché con tale revisione ci si è limitati ad aggiornare i valori espressi nella tabella alla nuova situazione di fatto, in un tal caso è sufficiente la maggioranza qualificata prevista dall’art. 1136 c.c., comma 2 (vale a dire: «la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio»). La Corte di Cassazione ha dato ragione al condominio, riconoscendo il valore meramente ricognitivo della modifica. In particolare, la Corte di Cassazione ha ritenuto che nel caso sottoposto al suo esame l’assemblea condominiale ha potuto legittimamente deliberare l’adozione di quella nuova tabella millesimale, in quanto con tale modifica ci si era limitati ad adeguare i valori millesimali in essa contenuti alla nuova situazione esistente, fermo restando il criterio in base al quale quei valori erano stati calcolati (criterio nient’affatto modificato). L’attività di adeguamento della tabella millesimale alla nuova situazione esistente, infatti, è semplice attività di ricognizione, che non va ad incidere in alcun modo sull’accordo originario, ma si limita ad adeguare la nuova situazione di fatto a tale preesistente accordo; come tale, essa non richiede l’unanimità dei consensi. Pertanto, l’approvazione di una nuova tabella millesimale potrà certamente avvenire con il (solo) voto favorevole della maggioranza dei condomini intervenuti in assemblea, che siano rappresentativi di almeno 500 millesimi, purché ci si limiti ad adeguare i valori millesimali in essa riportati alla nuova realtà esistente, svolgendo una attività di mera ricognizione, in rispettosa osservanza del criterio di ripartizione delle spese comuni vigente. Viceversa, qualora si voglia procedere all’adozione di una tabella calcolata sulla base di un diverso criterio di ripartizione delle spese, essa non potrà essere legittimamente approvata in difetto dell’unanime consenso di tutti i condomini (beninteso: non di tutti i condomini intervenuti in assemblea, ma di tutti i condomini esistenti), in quanto per mezzo di una siffatta tabella non ci si limiterebbe ad adeguare i valori in essa espressi alla nuova situazione esistente, fermo restando il criterio a suo tempo pattuito tra tutti i condomini o, in mancanza, il criterio di legge di cui all’art. 1123 c.c., ma andrebbe essa stessa a modificare quel criterio. Con la sentenza in discorso, dunque, la Corte non ha certo riconosciuto l’adottabilità a maggioranza di qualsivoglia modifica, come erroneamente sostenuto da alcuni, ma soltanto dell’adeguamento delle tabelle alla nuova realtà venutasi a creare, nel rispetto del criterio sancito dal regolamento o, in mancanza, dalla legge. Del resto, è proprio su di un piano logico – prima ancora che giuridico – che una diversa conclusione non reggerebbe: se davvero d’ora in avanti fosse possibile modificare il criterio di ripartizione delle spese comuni come meglio si crede, infatti, si arriverebbe a una “dittatura della maggioranza” nei confronti della minoranza. Ad esempio: edificio di cinque piani, due appartamenti per piano, per un totale di dieci appartamenti, ai quali il regolamento condominiale attribuisce 100 millesimi cadauno. Gli otto condomini dei primi quattro piani si coalizzano e deliberano di attribuire 499 millesimi ai due condomini dell’ultimo piano, adducendo una qualsiasi motivazione più o meno plausibile. Vi pare verosimile un qualcosa del genere? Ma soprattutto, se davvero così fosse, riuscite ad immaginare cosa accadrebbe in ogni condominio italiano? Nel giro di qualche mese saremmo alla guerra civile! Ovviamente, così non è. Avv. Raffaello Orofino ha scritto il 20 settembre 2010, alle ore 09:39 Innanzitutto, è bene ricordare che, a norma dell’art. 69, disp. att. c.c.: I valori proporzionali dei vari piani o porzioni di piano possono essere riveduti o modificati, anche nell’ interesse di un solo condomino, nei seguenti casi: 1) quando risulta che sono conseguenza di un errore; 2) quando, per le mutate condizioni di una parte dell’edificio, in conseguenza della sopraelevazione di nuovi piani, di espropriazione parziale o di innovazioni di vasta portata, è notevolmente alterato il rapporto originario tra i valori dei singoli piani o porzioni di piano. Ne consegue che, in virtù della chiusura di quel cucinotto (costituente, a mio avviso, “innovazione di vasta portata“), il singolo condomino sarà sempre legittimato a proporre azione finalizzata alla revisione delle tabelle millesimali, anche laddove sia l’unico a voler procedere in tal senso. Viceversa, laddove una tale decisione possa contare sull’appoggio della maggioranza richiesta dall’art. 1136, comma 2, una siffatta modifica – come ricordato dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 18477/2010 – potrà essere legittimamente adottata già in sede assembleare, con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti in assemblea che sia rappresentativa di almeno la metà del valore dell’edificio. Purché, lo ribadisco per l’ennesima volta, con una tale modifica ci si sia limitati ad adeguare i valori espressi nella tabella alla nuova realtà esistente (insomma, ci si sia limitati a rifare i conteggi), fermo restando il vigente criterio di ripartizione delle spese (convenzionale o di legge) sulla cui base tali operazioni di calcolo devono essere eseguite. L’operazione di conteggio, infatti, non richiede alcuna manifestazione di volontà, ma si limita a “tradurre in numeri” un preesistente accordo, senza andarlo a modificare.>>