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Una beffa: Le dimissioni a rate

Creato il 09 novembre 2011 da Speradisole

UNA BEFFA: DIMISSIONI A RATE

Anche questa è una novità introdotta dal berlusconismo. Dimissioni sì, ma a rate.

Il cavaliere annuncia le dimissioni, dice di essere disponibile alle dimissioni, solo dopo l’approvazione della legge di stabilità, ma non si dimette per ora.  Non pronuncia un chiaro “mi dimetto”, ma  annuncia le dimissioni “a tempo“.

Questo cercare di prolungare i suoi tempi alla permanenza al governo ha alcune conseguenze che  sembrano tragiche e comiche nello stesso tempo. Più tragiche che comiche.

La prima: si approverà la legge di stabilità, perché lo vuole l’Europa, in cui lui infilerà qualsiasi “cosa” che ritenga utile per sé e per le sue aziende, come per esempio la modifica delle attuali disposizione sulla eredità familiare. Il suo interesse prima di tutto. E questa è la parte comica.

La seconda, se la legge di stabilità  verrà approvata, con la fiducia, perché così avverrà, anche se ha detto che non sarà necessario mettere la fiducia, i numeri dei voti parlamentari che otterrà, supereranno la soglia dei 316 necessari per la maggioranza assoluta, perché anche l’opposizione, o parte di essa, voterà sì, o si asterrà.

Di conseguenza, il premier dimissionario, non avrà più le ragioni della scarsità dei voti per dimettersi e tratterà con Napolitano, le sue “dimissioni” col ricatto: “niente governo tecnico, niente larghe intese, elezioni subito o io non mi dimetto, c’ho i numeri”. In caso di dimissioni ricatterebbe ancora il Presidente della Repubblica per ottenere un “reincarico” fino alla primavera del 2012, a dispetto dell’Europa e di chi lo vuole a casa.

Se Napolitano cederà alla richieste dell’arcoriano purché se ne vada, non farà un governo super partis, vincerà il cavaliere comunque. Questo comporterà che si dovrà votare con l’attuale legge porcata, perché un governo di larghe intese, che potrebbe protrarsi anche per un anno, avrebbe  tutto il tempo per cambiare la legge elettorale

La terza e questa è la conseguenza tragica: qualora la legge di stabilità venga approvata, essendo una legge definita da più parti “lacrime e sangue” porterà l’impronta malefica del berlusconismo. Il che comporta anche le manganellate di Sacconi sui lavoratori e le schifezze di Brunetta.

E, naturalmente, niente tasse sulle rendite finanziarie, niente patrimoniale sul lusso, niente morsa sugli evasori, condoni per tutti i furbi e furbetti, e alla fine a pagare e davvero a piangere saranno sempre i soliti: i più poveri, quelli che hanno una busta paga, il pubblico impiego, i pensionati, gli enti locali.

Berlusconi se ne andrà solo dopo aver fatto a pezzi lo stato sociale, di cui questo paese andava fiero.

Il fido Cicchitto ha già detto che la legge di stabilità richiederà un po’ di tempo (un mesetto) prima di essere approvata, ci sarà il Senato, poi un passaggio in Commissione e poi alla Camera. Si arriva a metà dicembre,

Napolitano comincerà le consultazioni, ci impiegherà almeno una decina di giorni, sempre che il cavaliere com’è solito fare,  non dica di essere stato frainteso e non voglia dimettersi.

Si arriva a Natale e in Italia facciamo le vacanze, al parlamento come a scuola, e prima della Befana non si fa nulla.

Questo tempo che la destra si sta prendendo con la scusa della legge di stabilità, ha lo scopo di tempestare con una campagna elettorale spaventosa e pressante la gente, di convincerla che non ci sarà nulla di meglio che questa destra miracolosa, se sarà guidata dall’Angelino.

Aspettiamoci una bombardata di Tv, giornali, trasmissioni radio tutte destrorse. Ancora mesi e mesi da incubo, e la nostra credibilità non sarà solo a terra, ma verrà sepolta definitivamente.

Su queste dimissioni a tempo restiamo molto dubbiosi, ne vediamo solo gli interessi personali a resistere il più a lungo possibile e vediamo ancora una volta allontanarsi il bene del paese.

Le fantasione dimissioni a rate, inventate da Berlusconi, non calmeranno il mercato, né daranno fiducia, ma contribuiranno a creare incertezza a coloro che dovrebbero comprare parte del nostro debito.


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