(No, giuro, non parlerò di basket)
Dunque, l’altra sera stavo indulgendo in uno dei maggiori piaceri possibili immaginabili per una appassionato di palla nel cesto: la combinazione fra una partita dell’NBA e – soprattutto – una puntata, da godere secondo dopo secondo, delle storie di Federico Buffa, capace come nessuno di trascinare nel labile confine fra poesia, cronaca, ricordo, nostalgia. Ci si concentrava sulla storia della Los Angeles Sports Arena, progettata da un genio dell’architettura USA, Welton Becket. La città californiana degli anni 50 e 60, racconta l’ottimo Federico, è punteggiata da una serie di edifici che hanno una caratteristica particolare: fin dalla loro struttura architettonica, mostrano orgogliosamente perché o per chi sono stati costruiti. Un buon esempio? La sede della Capitol Records, che ricorda una pila di 33 giri caricati in un juke-box.
Capitol Records Building, L.A.
Avevo promesso che non mi sarei dedicato alla pallacanestro, e ho (quasi) mantenuto la promessa. Ma ammetterete che lo spunto era davvero buono: edifici con un aspetto che coincide con la loro funzione. “Vuoi vedere che… vuoi vedere che…“
Si, vuoi vedere che:
Ci sono Romeo e Giulietta, c’è Comma 22, c’è un po’ di Dickens e persino Tolkien. C’è Platone, c’è (inevitabilmente) Bradbury con Fahrenheit 451, ci sono i Cento anni di Solitudine. E c’è Alice nel paese delle meraviglie, che si scorderà dello Stregatto e rimarrà incantata a guardare la Biblioteca di Kansas City. Voi potete darci un occhio su Google Maps, le coordinate sono 39° 6′ 8.73″ N 94° 35′ 5.58″ W