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Una bella giornata a Kathmandu

Creato il 10 febbraio 2013 da Cren
Una bella giornata a Kathmandu
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Una bella giornata a Kathmandu
Una bella giornata a Kathmandu


Dopo qualche giorno di pioggia che si spera segni la fine delle perturbazioni invernali (le cd. Western disturbances), Kathmandu è splendente. Aria pulita (nei limiti), cielo terso, distanti le montagne innevate. Ha nevicato molto, quest’anno, sulle montagne anche a quote basse.

Col caldo e con il sole, tutti fuori a fare i lavori che non sembrano mai scomparire, malgrado strade nuove e tanti supermercati con prodotti cinesi e occidentali. Ecco fra le macerie di una casa il lustrascarpe ciabattino, con qualche antico attrezzo da museo, i ragazzini che vendono cipolle e carote poggiati sulla cesta (doko) con cui hanno portato la mercanzia da qualche villaggio ai margini della Valle; il vecchietto che sbarca il lunario vendendo noccioline. Lungo il Bagmati, sempre più asciutto e sporco, i cercatori di spazzatura che raccolgono ferro e plastica per rivenderla.

Più colorata del solito la Piazza e i tanti bahal (parrocchiequartieri) che la circondano. Nei tol (piazzette) la gente è fuori a far asciugare vestiti umidi, a pettinarsi, a spargere i bambini con olio di cocco. I turisti occidentali, dopo quattro anni di crescita (gli italiani avevano raggiunto il record di 17.000 visitatori nel 2012), sono calati in questi primi mesi dl 30%. Chi vendeva statuette, maglioni, pashmine, a turisti e commercianti è disperato, non vende e i passati compratori non pagano. In una bella giornata, anche questi problemi sembrano allontanarsi fra le chiacchiere e un bicchiere di tè, portato da uno dei tanti ragazzini che guadagna qualche rupia facendo il garzone dei tantissimi tea-shop che, in enormi pentoloni, bollono tea e latte, a volte con ginger per l decine di tazze giornaliere.

In queste giornate splendide (come accade più spesso in autunno), anche la povertà, i quartieri squassati dalle nuove costruzioni, la spazzatura buttata nel fiume sembrano quasi scomparire, assorbita nell’ambiente che, malgrado tutto, è sempre affascinante, colorato, vivo. La gente, che si riscalda al sole con sciarpe e maglioni informi, è dignitosa, simpatica, sorridente; non opaca, stanca, grigia, arrabbiata come nelle periferie dell’occidente.

Pochi giorni dopo, la serenità del clima e del dopo pioggia già muta ascoltando gli slogan incazzati dei militanti dei partiti dell’opposizione, riuniti per un “mass meeting” sul piazzale, dall’erba consumata, di Kula Manch, per chiedere, come da mesi, le dimissioni del primo ministro Bhattarai, che non ci sente. I maoisti, nel loro congresso di Hetauda (triste città nel Terai) hanno tirato fuori la nuova linea “capitalismo rivoluzionario”, cioè basta parlare di dittatura del proletariato; rieletto Prachanda come leader, proposto il tecnico Khirlaj Regmi (Chief Justice) come premier per portare il paese alle elezioni, e riammesso nel Comitato Centrale, Kali Bahadur Kham, accusato di contrabbando di Yarsagumba e di coinvolgimento nell’omicidio di un uomo d’affari.


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