Una bella replica di Fernanda Ferraresso

Da Narcyso

Una bella replica di Fernanda, che è ancora una riflessione sul perchè si legge, sul perchè si fa critica e sul perchè si fa critica in un certo modo: “per puntellare la nostra paura e il male feroce che ogni paura procura”.

Dovrei tornare indietro, alla pagina in cui lasciai questo commento, appunto provocatoriamente perché ricordo d’aver ripreso un altro commento a quel testo. Ma non ha importanza. Partiamo come tu proponi da qui. Sì, concordo con te sul fatto che leggere poesia significa rinascersi ma non metaforicamente, significa proprio dolorosamente attraversare il proprio corpo attraverso quello degli altri che si fanno corpo luteo e utero. Signica sentire l’aria nei polmoni, la vita che t’invade ed è un dolore perché non galleggi più nello scoglio di tua madre nel suo mare amniotico. Lì le parole non ti circuivano e nemmeno ti cortocircuitavano: tutto era nutrimento nel suo sangue. Poi il taglio e lo stacco, lo strappo e il cielo in cui ci ritroviamo immersi con i piedi puntati per terra, senza righe di sussistenza, senza barricate, senza tutto, senza persino se stessi perché di noi non si sa niente, siamo all’oscuro d’ogni cosa e tutto è solo una ipotesi messa lì per salvarci la schiena. E non costruiamo che trincee e non ci muoviamo che per falangi armate di pensieri e, scritti, quei neri propositi, sono l’abrogazione della vita stessa, della relazione che non abbiamo più con essa. La parola è lo strappo ad frescum del disegno (di sé segno) dalla pare(n)te materna che non vediamo più se non per riflessi su altri schermi a loro volta riflessi in altri e in mezzo ad ombre non già hombre. Gli uomini si sono persi, negli schiera-menti. Ecco ciò a cui alludevo.C’è onore a vedersi scritti, nome e cognome da qualche parte? C’è davvero qualcuno che è vivente dentro la cifra di una lettura. Come tu dici abbiamo bisogno degli altri per puntellare la nostra paura e il male feroce che ogni paura procura.

Fernanda Ferraresso.


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