Le argomentazioni sulla ritualità del gesto si sprecano, abbondano le descrizioni sul profilo di una coazione a ripetere che insieme ti protegge e un po’ ti distrugge, ci si balocca pure con l’esegesi psicanalitica dell’essere rimasto ancorato alla fase orale del bimbo che tutto mette in bocca per soddisfare il proprio desiderio. Una bionda accesa fra le labbra non fa un uomo. Al massimo lo abbozza soltanto, lo ritaglia appena in quello spacco di tempo in cui il tabacco resta ancora vivo. Mi defilo, mi singolarizzo prima di rientrare in mezzo alla folla nei luoghi del divieto. Con la gola secca e una botta di catarro pronta a fuoriuscire, sono riassorbito dallo spazio del “noi”, carico di un “io” diverso da quello di prima e già sulla soglia della porta che dà sui dehors. È la versione cancerogena dell’andirivieni tracciato dalla routine dell’individuazione psichica e collettiva.