Te lo ricordi che non potevo restare più di due ore senza
vederti?
Ricordo che passavamo delle ore a baciarci.
Invece restano muti sulla scala mobile e si guardano con
diffidenza. La donna procede veloce, e schivando gente e carrelli gli passa
davanti per correre ad accarezzare il legno chiaro della sua cucina da sogno. Lui
cerca di darle un peso, a sua moglie, e un valore: a occhio e croce sarà
ingrassata dieci chili.
Non aveva nemmeno mai notato che consuma soltanto la parte laterale
esterna delle scarpe, cammina male, e un po’ lui se ne vergogna anche di lei e dei suoi vecchi
stivali, della ricrescita ai capelli così evidente e di quel giubbotto che avrà
almeno vent’anni. Si vergogna anche di se stesso e di quel “domani cambierà”, ripetuto ogni sera, che non lo ha fatto procedere di un passo. Nemmeno ricorda
più quali fossero le sue ambizioni, le loro, dimenticate tra un post datato e
un pagherò sempre a portata di labbra.
Anche il passato di verdure è diventato un incubo. E le
patate, che gli cucina in ogni modo e maniera e che ormai gli danno la nausea.
L’ultima volta che ci ha fatto l’amore ha dovuto chiamare in
soccorso tutte le fantasie erotiche più sconce, le stesse che guarda e riguarda
da anni sullo schermo del suo PC, di notte, le uniche in grado di fargli
affluire il sangue esattamente lì, per poco, in modo potente e istantaneo.
Quel pomeriggio si era liberato a fatica di quell’orgasmo
indispensabile, mentre lei gli urlava di venire e di far presto: che di lì a poco sarebbero
tornati i bambini, che mezz’ora soltanto e avrebbe dovuto portare in tavola. Nessun
tatto, nessun preliminare, che con una scusa plausibile si può sempre evitare.
Lei si china e apre portelli, si alza sulle punte e controlla
per l’ennesima volta cappa e pensili, come se in quei mesi fosse cambiato
qualcosa: con ottocento euro, trasporto e montaggio sono compresi.
Lui guarda la cerniera della gonna che le è rimasta aperta
sul lato, un minuscolo coccodrillo freddato nell’atto di azzannarle la ciccia
del fianco.
Lei lo guarda e sembra indifferente. Si fissa un attimo sul
risvolto dei pantaloni miseramente consumato, sale fino alle ginocchia e alle
cosce così magre da far tenerezza.
Una notte era stata svegliata dal moto
sussultorio del letto: suo marito si faceva una sega accanto a lei che ha piangeva solo un
po’, in silenzio, per non umiliarlo, per dimenticare poi quel dolore nel sonno.
L’obiettivo è a un passo da lei: ottocento euro più IVA il
prezzo della felicità a basso costo.
Ti ricordi quanto mi facevi godere?
Sì, ricordo che lo prendevi sempre, tutto, e più volte al
giorno. Ricordo che eri ingorda.
Invece, lui si sposta rapidamente al reparto lampade e senza
guardarsi indietro. Potrebbe anche fuggire. Correre alla macchina e partire
senza destinazione. Chiamare suo fratello e dirgli di andarla pigliare,
di badare lui a moglie e bambini.
Invece il suo compito è quello di badare alla scorta di
lampadine, e di sostituirle, possibilmente.
Da lì, piegato sulle ginocchia, guarda mani che s’intrecciano tra loro,
quelle dei neo sposi che arredano gioiosamente casa e fanno mille progetti, e ridono.
Si vestono ancora per piacersi, non vedono al di là del loro
nido d’amore, quello per il quale hanno firmato un mutuo trentennale contando
sulla promessa appena fatta, sull’affetto e sull’amore che li terrà assieme
nella vita e nella morte.
Fa la conta delle lampadine e un rapido calcolo della spesa
totale.
Sente la sua presenza alle spalle. Si volta e la guarda.
Mi tenevi sempre per mano.
Mi chiamavi per nome.
Invece lei batte l’indice sull’orologio. È ora di andare. Tra
un mese la cucina sarà ancora lì ad aspettarli, come il comune tedio e il comune inganno.