Le nuove elezioni in Tunisia hanno mostrano il cambiamento all’interno del Paese arabo. Esiste un rapporto fra lo spazio pubblico e il cambiamento politico? Può la sfera pubblica esistere nello spazio astratto dei media e delle nuove tecnologie senza legami con gli spazi delle relazioni?
Il libro di Chiara Sebastiani mostra il legame stretto fra spazio fisico e pratica politica.
“L’hanno chiamata the Twitter revolution o the Facebook revolution. Questa idea del virtuale mi irrita. Noi abbiamo incominciato riconquistando la strada” (Riadh Ferjani, sociologo tunisino, conferenza Espace public en démocratie, 2011). Non si possono capire gli effetti che avrà il risultato delle nuove elezioni in Tunisia, senza indagare le dinamiche relazionali e spaziali innescate dalla rivoluzione del 2011. La Prof.ssa dell’Università di Bologna Chiara Sebastiani*, nella recente pubblicazione Una città una rivoluzione. Tunisi e la riconquista dello spazio pubblico (ed. Pellegrini Editore, 2014) offre un punto di vista privilegiato di una studiosa, profonda conoscitrice della realtà tunisina, che si è trovata nel cuore pulsante del cambiamento e ha seguito in loco anche le recenti elezioni.
Molto si è discusso, soprattutto sui media e nell’opinione pubblica occidentale, sul ruolo svolto dai social network nella diffusione della rivoluzione del 14 gennaio in Tunisia, riducendo la sfera pubblica al solo livello astratto e virtuale, dando assai minor importanza al primo importante esito della lotta: la riconquista dello spazio pubblico.
Il libro analizza le modalità in cui la rivoluzione ha cambiato il paesaggio urbano di una capitale, includendo nello sguardo non solo trasformazioni estetiche, ma anche quelle simboliche e quelle legate a nuove pratiche sociali osservabili nei marciapiedi, nei caffè, nei luoghi della cultura, mostrando così la stretta relazione fra spazio fisico e pratica politica. La trasformazione strutturale dello spazio pubblico tunisino attraverso la rivoluzione ha messo in evidenza come, in situazioni politiche estreme, il corpo nello spazio pubblico diventa strumento politico.
Sono passati più di tre anni e mezzo da quei giorni di dicembre che sconvolsero la storia della Tunisia. I giorni delle proteste di piazza culminati con la fuga del presidente Zine El-Abidine Ben Ali vennero velocemente definiti “Rivoluzione dei Gelsomini”, scintilla della “Primavera araba”. Un mutamento che ha mostrato i suoi segni anche nello spazio pubblico: da spazio spoliticizzato e avverso alle attività di socializzazione, già duramente represse dal capillare controllo poliziesco a spazio occupato fisicamente, motore della rivolta. La lotta per la libertà di espressione si è commutata in espansione dello spazio fisico politicizzato. Ma è ancora una volta sul corpo delle donne che in Tunisia si combatte la battaglia più dura del percorso di democratizzazione e ricerca della propria identità di Paese. Madri e figlie che sono state in prima linea durante la rivoluzione e che oggi, grazie ad una legge post-rivoluzionaria, sono presenti al 50% nelle liste elettorali, sono ancor più protagoniste di un dibattito culturale sull’Islam. Il ritorno all’uso del hijab, tanto demonizzato dall’Occidente, è legato a diverse istanze: l’affermazione di un femminismo islamico, l’ingresso delle donne nella politica e infine anche una precisa scelta di autorappresentazione nello stesso spazio pubblico e di espressione di un differente canone estetico.
Ad oggi è ancora più chiaro il legame fra la direzione che prenderanno i rapporti di genere e quella che prenderà la transizione democratica. Oggi è riduttiva la contrapposizione tra modello occidentale e modello orientale che caratterizzava la Tunisi degli anni Sessanta. Ora gli spazi pubblici sono stati terreno di contesa e rinegoziazione. Il centro città si è, in termini culturali, arabizzato, mentre allo stesso tempo l’influenza europea si è spostata in aree periferiche della capitale.
Quali saranno gli effetti del risultato delle elezioni? L’indagine di Chiara Sebastiani mostra come lo spazio pubblico può essere solo quello composto da una rete strutturata di relazioni e confronti, la cui materialità è supporto alla sfera pubblica. La rivoluzione tunisina è stata, ed è soprattutto oggi, occasione per un rinnovato interesse sul rapporto fra spazio urbano e spazio politico, in particolar modo di fronte al complesso fenomeno della globalizzazione.
*Chiara Sebastiani: insegna Teoria della sfera pubblica e Politiche locali e urbane presso l’Università di Bologna. Nata a Vienna, ha vissuto all’Aja, a Sidney e a Tunisi. Ha intrapreso la carriera universitaria di sociologa e politologa alla Sapienza di Roma, proseguita presso l’università della Calabria e approdata infine all’Alma Mater di Bologna. La ricerca sul campo è sempre stata una parte importante della sua attività: ha partecipato a indagini empiriche su larga scala – sui militanti e i quadri del Pci, sui lavoratori dell’Italsidier di Taranto, sulle donne nei governi locali – e ha svolto ricerca qualitativa indipendente. È autrice di La politica delle città (il Mulino 2007). Ha curato Conversazioni, storie, discorsi (con G. Chiaretti e M. Rampazi, Carocci 2001). Nel 2014 ha pubblicato anche La sfida delle parole. Lessico antiretorico per tempi di crisi (ed. Editrice Socialmente).Ha tradotto e curato l’edizione italiana della Sociologia della Religioni (2 voll., Utet 1988) di Max Weber.