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Una colonizzazione in piena regola

Creato il 10 dicembre 2011 da Conflittiestrategie

Siamo arrivati al livello più basso, ma solo in senso relativo (al nostro intero passato di “liberati” dai nuovi padroni del mondo dopo il tradimento dell’8 settembre ben noto), perché indubbiamente cadremo ancora (e sempre) più in basso. Comunque, vergognoso è assistere, in spregio ad ogni norma di corretta “diplomazia”, alle telefonate di Obama, e subito dopo di “Sarkel”, a Napolitano non appena saputa l’intenzione (da essi indotta ovviamente, quindi già la conoscevano in realtà) di nominare Monti; nel mentre il “nanetto d’Arcore”, dopo un’ultima finta di volersene andare nel giro di un paio di settimane (e anche meno), annunciava che avrebbe sloggiato in 48 ore. Normalmente, ci si congratula con un premier quando ha perfezionato l’insediamento con l’approvazione delle Camere (o con un Presdelarep quando è stato già nominato o eletto); non ci si congratula con chi l’ha appena proposto (e non spettava a lui, per Costituzione, di proporlo, in effetti di imporlo). Questo dimostra con assoluta certezza che i giochi erano ormai stati fatti al di fuori di ogni discussione parlamentare (e con la piena complicità dell’“escluso o licenziato”), ma soprattutto che il nostro presdelarep aveva corrisposto ai “desideri” dello “zio Tom”.

Ma non doveva finire qui. Il governo ha appena dato alla popolazione la “prima stangata” – di cui pian piano ci si rende conto poiché molte norme vengono via via scoperte tra i vari mascheramenti e imbrogli combinati – e subito viene in Italia il segretario americano al Tesoro a dire che “Monti è credibile in tutto il mondo”. Non so se un ministro inglese di altri tempi andava in giro nei vari Dominions (Canada, Australia, Nuova Zelanda, Terranova, Unione Sudafricana, Stato Libero d’Irlanda, India e Pakistan, prima del 1948) ad affermare che il “governatore” (o quello che era), appena nominato e “gradito” agli inglesi, lo era anche in tutto il mondo. Questi Usa di Obama (la vergogna dei grandi “neri” statunitensi che lottarono per ben altre idealità) hanno raggiunto un livello di arroganza e prepotenza che mi auguro li perda infine come perse Hitler (con le sue smanie di grandezza), cui assomigliano sempre di più.

Questi “governatori coloniali” italiani (tutti riuniti l’altra sera alla Scala ad assistere ad una versione del grande “Don Giovanni” mozartiano, la cui interpretazione, a detta di chi se ne intende realmente, qualifica il pubblico plaudente non più come “ceto medio semicolto”, ma come ceto ricco dei parvenus, tanto ignorante quanto volgarmente ingioiellato e con mises da “cuoche” che si sono improvvisate “padrone”) stanno superando ogni limite di decenza. Altro che fine del capitalismo borghese; qui siamo al peggio dei “bottegai”, arricchitisi in campagna e arrivati nelle periferie delle città. D’altra parte, solo gente simile può sollecitare negli americani un complesso di superiorità padronale al ricordo dei loro “coloni” che hanno invaso il West sterminando decine di milioni di indiani. In effetti, questi parvenus italiani non sono in grado che di vessare un popolo di fessi, di far pagare loro l’obolo che i colonizzati devono versare ai colonizzatori; se si trovassero di fronte dei veri indiani decisi a scotennarli, griderebbero come lo “strogoto” nel film L’Armata Brancaleone: “Scapuma”. E sarebbe ora che ci si decidesse a farli scappare terrorizzati, alcuni avendo però già perso la testa (nel senso di tagliata).

D’altra parte, dopo vent’anni in cui il popolo ha accettato di partecipare alla farsa (al “gioco degli specchi”) recitata da una finta sinistra (il cancro del paese, poiché si trattava di puri rinnegati di altro orientamento che a partire dagli anni ’70 si erano già schierati, pur ancora nascostamente, con gli Usa) e da una finta destra, un’accozzaglia di individui mediocri che ha recitato la parte della difesa contro il comunismo ormai morto (e ben prima del crollo dell’Urss). Abbiamo avuto i finti liberisti, sciagurati più di quanto non lo siano i reali liberisti, e i finti difensori del “sociale” (e quindi dello “statale”) mentre sono stati invece semplici invasori del settore impiegatizio “pubblico” per vivere a sbafo di chi produce ricchezza. Cosa poteva risultarne?

In ogni caso, quelli che hanno “menato le danze” nell’ultimo anno e coloro che le conducono nel nuovo governo non sono mai stati campioni di italianità. Alcuni sono stati prima filo-sovietici e poi filo-americani (con la stessa “indifferenza” per le nostre sorti), altri sono sempre stati solo filo-americani, anzi americani in pratica a parte la nazionalità ufficiale, perché facenti parte di “massonerie” internazionali e organismi finanziari che agli Usa fanno capo. Nessuna sorpresa né particolare scandalo per il loro atteggiamento, consono come d’uso agli interessi fondamentali che ognuno di noi persegue. Semmai fa specie che un sedicente tecnico – un semplice accademico, direi con scarsette pubblicazioni scientifiche, uno che conosce poco il lavoro produttivo e di più quello di Consigli di Facoltà, di Amministrazione (non certo per fornire consigli veri e propri circa la conduzione aziendale o delle sopra citate “massonerie”, ma per atto di presenza “prestigioso”, in specie in termini di emolumenti percepiti) – si consenta di parlare a mo’ di oracolo circa l’aver salvato l’Italia adeguandola al comportamento (impersonale; sic!) dei “mercati”, intendendo riferirsi solo a quelli finanziari (Borse, spread quale strumento terrorifico, ecc.), mentre nemmeno cita quelli reali che sono in piena crisi dal 2008; e quest’ultima durerà, per ammissione ormai sempre più diffusa, molti anni.

In una situazione del genere, gli “apolidi” (o forse “internazionalisti”, non so) hanno pestato sull’intera popolazione italiana, riducendone la capacità di spesa. Sostengono di aver risparmiato quelli che sono a 1400 euro lordi al mese, cioè poco più di 1000 netti, che è remunerazione letteralmente da fame; ma è comunque una balla perché tra addizionale regionale dell’Irpef (che colpisce pressoché tutti), aumento dell’Iva e del prezzo carburanti (che impenneranno i prezzi e l’Istat darà il suo bel contributo di menzogna come sempre), non c’è comparto sociale che si salvi dalla falcidia dei propri redditi. In ogni caso, nel complesso è almeno l’80% della popolazione che si troverà in forti difficoltà nel giro di due-tre anni; e siamo, lo ripeto, alla “prima stangata”. Nel contempo, questi cialtroni – non a caso economisti: la categoria più infame tra i falsi scienziati in circolazione, seguita a ruota da sociologi e politologi, buffoni di Corte – continuano a blaterare che è la domanda a trainare la crescita. Una coerenza da veri professori universitari, perché cosiffatti sono questi individui; sanno andare dalla premessa alla conclusione immediatamente successiva; se chiedi loro di procedere un po’ più oltre, ti guardano smarriti e cercano se c’è qualche formula matematica con cui zittirti.

Però, dicono orgogliosi, se liberalizziamo, favoriamo la concorrenza e questa è la molla della crescita. Brutti scemi. Se il mercato è in restrizione – e non ci sono nuovi mercati da aprire perché la crisi è generale, le economie con ancora buoni ritmi di aumento del Pil sono quelle che ti battono comunque nella concorrenza su prodotti “maturi”, mentre tu stai intralciando e ostacolando le tue industrie più innovative (Finmeccanica) o comunque strategiche (Eni) – la concorrenza è una zuffa per accaparrarsi le briciole; e questo deprime gli animal spirits imprenditoriali, non li spinge certo a investire per innovazioni, così si corrono grossi rischi di fallire ancor prima. Mentitori spudorati qualsiasi idiozia esca dalla loro bocca insana.

D’altra parte, i critici, quella “destra” che nemmeno sa dov’è la “sinistra”, tuonano contro il fatto che la manovra è pressoché totalmente costituita da nuove entrate fiscali (e questa critica sarebbe giusta in sé), ma poi propongono tagli imprecisati, e indiscriminati, ad ogni aspetto della “socialità” (ivi compresa la sanità), sono lieti dell’innalzamento dell’età lavorativa e degli anni da lavorare (sostenendo, con la solita demente coerenza già considerata, che ciò favorisce le nuove generazioni; incredibile!), vogliono, sempre per far piacere ai giovani, rendere ancora più precario il lavoro, facilitare i licenziamenti che spingono solo a svendersi per “due soldi” lavorando non so quante ore in più (con straordinari non pagati). Non si sa dove voltarsi per trovare qualcuno che non sia da bastonare a sangue per le enormità che spara senza nessun pudore e senza più nessuna opposizione. Siamo all’idiozia più completa e incontrastata, oltre alla più pura manifestazione di odio e ringhiosità tipici del reazionarismo estremo.

La razione di bile che il mio fegato, mancante fra l’altro di cistifellea, può secernere giornalmente è già stata superata. Continueremo però sempre a porre in luce come ormai non si debba più dare credito a sinistra (l’infezione originaria) né a destra (la risposta sbagliata, malata). Occorre spazzarle via; anche se il primo compito è l’opposizione ai “droni” che ci s-governano e ai loro mandanti d’oltreatlantico. Fra l’altro, senza proprio nessuna simpatia per “Sarkel”, non dobbiamo cadere nella trappola della polemica contro francesi e tedeschi. Sono vassalli, solo un po’ meno dei “filo-sovietici” divenuti “filo-americani”. Noi dobbiamo cercare settori “sovranisti” esattamente in Francia e Germania, con cui costruire insieme una critica radicale, ed un giorno speriamo poco elettorale, a questi ….. “apolidi” o “internazionalisti”, cioè servi di un unico padrone, lo “zio Tom” arrivato alla Casa Bianca ad un secolo e mezzo dalla “liberazione degli schiavi” avvenuta nel 1861-65. Dopo Malcolm X e Muhammar Alì (Cassius Clay), cui sempre noi inneggeremo, è arrivato un Obama; poveri Stati Uniti, sono ancora potenti, ma sempre più meschini e con quelle tendenze criminali nazistoidi che non conducono mai troppo lontano. Se non si liberano dei settori dominanti della fase attuale, rischieranno la fine del Terzo Reich. Meglio per tutti, ma anche per loro, che cambino strada. La mia generazione ha amato una grossa parte degli Stati Uniti; questi sono però insopportabili in toto.


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