Non credo che le inequivocabili parole di rincrescimento espresse dal segretario di stato cardinale Parolin circa l’esito del referendum irlandese sui matrimoni omosessuali abbiano veramente sorpreso il mondo. Non credo nemmeno che fossero in molti a scommettere che l’atteggiamento di apertura di Papa Francesco verso gli sviluppi della secolarizzazione si sarebbe trasformato in una messa in questione della dottrina cattolica. Sui cosiddetti temi eticamente sensibili è stato proprio il papa argentino a parlare spesso in maniera singolarmente sanguigna, almeno per i canoni riguardosi adottati dalla Chiesa Cattolica negli ultimi decenni, anche se su questa sua ruspante durezza i media hanno steso sistematicamente un velo spesso; quei canoni riguardosi Jorge Mario Bergoglio li ha invece riservati alle persone, mettendoci in più quel suo naturale calore umano, a volte quasi sconfinante nella trascuratezza: in breve, il papa descamisado è un papa che effettivamente si proponeva di rompere gli steccati, ma al quale non passava nemmeno per l’anticamera del cervello l’idea di uscire dal recinto cattolico, ammesso e non concesso che lo potesse veramente fare.
D’altra parte la bolla del bergoglismo mediatico ha avuto sin dall’inizio un doppio scopo: agire come formidabile mezzo di pressione sui cattolici e sul clero in modo tale da rendere impensabile un qualsiasi passo indietro da una rivoluzione che si dava retoricamente per già iniziata; oppure, in caso d’insuccesso, farla scoppiare in faccia ad un mondo deluso, in modo tale da rendere plasticamente evidente la congenita irriformabilità della Chiesa Cattolica, anche a dispetto delle buone intenzioni dei suoi massimi pastori. E’ questa la commedia cui stiamo assistendo.
Che sia così, lo provano anche le reazioni isteriche all’espressione usata da Parolin per definire il successo del “sì” nel referendum irlandese: «una sconfitta dell’umanità», ha detto il mitissimo segretario di stato. Tra la vastissima schiera degli scandalizzati molti hanno reagito condannando la brutalità o l’insensibilità di Parolin; altri, ironicamente, hanno fatto notare che ben altre sono le sconfitte dell’umanità che oggi il nostro mondo patisce. Ma in quest’ultima considerazione vi è una contraddizione: infatti, sono stati proprio l’universo liberal-progressista in generale e l’Occidente più fatuo in particolare, tra lo sbigottimento delle plebi del terzo mondo, a mettere la strampalata cultura di gender al centro di una nuova antropologia, e a sbandierare il matrimonio gay alla stregua di un diritto umano, tanto che enti sovranazionali e capi di stato di grandi potenze se ne sono fatti paladini.
La dichiarazione di Parolin suona quindi involontariamente beffarda, proprio perché coerente con tale scenario di battaglia epocale. In più, agli occhi del mondo, il segretario di stato ha commesso un peccato capitale: ha sottratto l’’umanità al monopolio linguistico degli adepti della pseudo-religione dei diritti umani. Ed è questa serafica ma ostinata rivendicazione di rappresentanza dell’umano da parte cattolica, soprattutto, che ha fatto salire il sangue alla testa ai portavoce dell’umanitarismo sfatto e senza radici.
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