Per me fu una folgorazione: la lettura dell’primo, ultimo e praticamente unico romanzo di Kennedy Toole, Una congrega di imbecilli, rassomigliava già allora alla realtà italiana per quel misto di farsa e di dramma di cui era composta la miscela dell’ipocrisia.Una sorta di smodata, pantagruelica antologia di Spoon River dove la libertà innocente del protagonista si contrappone ai conformismi spacciati per american dream. Eh sì quell’Italia degli inizi anni ’80 rassomigliava molto a quella tela, anche se quasi non esisteva un narratore, un protagonista la cui inettitudine ad adeguarsi facesse da contraltare all’inettitudine al sogno.
Ieri quel romanzo mi ha come perseguitato dalla mattina dei mattinali rai sino ai fasti di Ballarò: un orribile antologia che comprende la viscida Santanchè, l’ambiguo Orfini, la Pinotti inesistente se non nelle buste paga e i suoi F35, la Cancellieri delle lobby, il Letta della sodomia europea, la Serracchiani delle frasi fatte col pastamatic, la Infinocchiaro dell’assalto alla Costituzione fino al Renzi del Manifesto essere Fonzie. Per non parlare dei pupazzetti berlusconiani che in testa hanno la paglia. E dei media che non chiedono, che non incalzano, che avallano dunque ogni sciocchezza, sicuri che i conformisti contradaioli non potranno che fare da megafono. L’inadeguatezza della classe politica a tirar fuori il Paese dal declino di cui del resto è espressione, è così evidente, così drammatica, così densa e concreta che toglie il fiato. Niente più che paroline magiche come riforme, che frasi fatte, che formule scontate, che provvedimenti tampone, che prospettive sotto dettatura: un deserto di idee nel quale la sola ipotesi che si possa avere delle idee suona come un’eresia e che spinge a demolire a tentoni persino i muri maestri della Repubblica.
Si sono davvero una congrega di imbecilli e niente più: da loro non possiamo aspettarci nulla perché se anche volessero, non sono in grado nemmeno di capire la situazione drammatica in cui ci troviamo, di analizzarne le ragioni e le radici, figurarsi poi trovare il modo di uscirne o quanto meno di mostrare un po’ di schiena dritta. Sono cialtroni frutto di una selezione al ribasso del ceto politico, ma quel che è peggio sono lì soltanto grazie alla disponibilità ad essere complici e alla totale inettitudine ai sogni e alle speranze. Cioè alla politica.