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UNA CULTURA DA CONQUISTARE | Noi siamo cultura | Il nuovo saggio di Edoardo Boncinelli | Letto e recensito da Amedit

Creato il 16 ottobre 2015 da Amedit Magazine @Amedit_Sicilia
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noi_siamo_cultura_boncinelli_edoardoUNA CULTURA DA CONQUISTARE

Noi siamo cultura | Il nuovo saggio di Edoardo Boncinelli

di Giuseppe Maggiore

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Che cosa fa di noi quello che siamo? Cosa intendiamo per cultura? E ancora: Cosa fa di un uomo una persona colta? Il nuovo saggio di Edoardo Boncinelli, Noi siamo cultura (Rizzoli, 2015), cerca di rispondere a queste domande. Sebbene condividiamo questa Terra con un’infinità di altri esseri viventi, siamo forse l’unica specie a porsi delle domande. L’umanità possiede una cultura perché si interroga, cerca costantemente delle risposte, e sono queste ultime che vanno a costituire quell’immenso patrimonio culturale cui ciascuna generazione può attingere. La cultura, intesa come quell’accumulo di conoscenze filosofiche, artistiche, tecniche e scientifiche è però, sì, un patrimonio alla portata di tutti, ma lo è solo su un piano collettivo, là dove si rende bene comune accessibile e condivisibile. L’individuo da solo non possiederebbe una storia, una scienza o una logica, se non attraverso l’interazione con l’ambiente che lo circonda e lo studio faticoso, volontario e perseverante. Alla nascita partiamo tutti da un punto zero; non siamo depositari di alcunché né espressione del nostro tempo. Veniamo al mondo né più e né meno con le stesse attitudini e le stesse potenzialità di un nostro antenato di centinaia o migliaia di anni fa. Il nostro agire avverrebbe sotto la spinta dei sensi di cui ci ha dotato la natura, e saremmo mossi dalle emozioni come l’odio, l’amore, l’invidia, la gelosia. Ciò potrebbe essere sufficiente nel condurre una vita allo stato brado, obbedendo agli stessi istinti che animano gli altri animali, ma non in quanto esseri sociali chiamati a condurre un’esistenza complessa e articolata come la nostra. Ciò che ci contraddistingue dagli altri esseri viventi è proprio la speciale facoltà che abbiamo di poter trasformare la nostra vita travalicando i confini impostici dalla componente biologica, e di poter aspirare a raggiungere vette altissime nei più svariati campi dell’ingegno umano.

Sebbene l’individuo sia il prodotto di tre componenti fondamentali – il genoma, gli eventi della sua vita e il caso – egli può disporre di una moltitudine di strumenti culturali che potrà fare propri e utilizzare al meglio al fine di edificare la sua personalità e il ruolo che intende svolgere nella società. La cultura non fa parte del nostro patrimonio genetico, non si trasmette biologicamente, sennò i figli potrebbero nascere già più colti e sapienti dei loro genitori; la cultura è il portato di un processo di acquisizione che ciascuno può e deve attivare attingendo al patrimonio collettivo e, preferibilmente, mantenere costante lungo l’intero arco della propria vita. «Quando si è giovani, davanti a noi si apre un orizzonte infinito. Abbiamo di fronte il possibile indeterminato, e c’è l’ignoto dietro l’angolo di ogni strada, c’è la sfida, continenti e continenti da esplorare.» Possiamo dilatare questa giovinezza, intesa come capacità di apprendimento, di fare nuove scoperte, di crescita e di trasformazione solo mantenendo viva la curiosità, ovvero non spegnendo il desiderio di comprendere ciò che ancora non si è compreso, di conoscere ciò che ancora non si conosce, di confrontarsi con altre idee e stili di vita. Questa sana curiosità ci spinge sempre ad andare oltre, a non fermarci alle apparenze, a sfuggire dai luoghi comuni e dall’omologazione. In una parola ci rende liberi. La curiosità è la molla della cultura ed è il sale della vita; mantiene la mente in esercizio e la apre a sempre nuove idee, consentendole di soppesarle, valutarle ed elaborarle.

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Confrontarsi, sapersi mettere in discussione, lasciare fluire nei nostri meandri idee e contenuti sempre nuovi e diversi, per poi discernere, e magari rigettare ciò che non fa per noi. L’importante è che questa apertura avvenga, poiché un conto è affermare le proprie idee in un quadro d’ignoranza e un altro è farlo invece in un quadro di conoscenza e di discernimento. Uscire dalle strettoie del proprio io, nutrire interesse per gli altri – per ciò che fanno o hanno da dire -, leggere libri, ascoltare musica, guadare film, prestare interesse tanto a una notizia di politica quanto a una di scienza, tutto ciò non può che arricchire il nostro universo interiore e implica la continua appropriazione di nuove porzioni del tesoro di conoscenza scientifica, tecnica, culturale e artistica in possesso dell’umanità. Affacciarsi con sguardo curioso a questo sterminato tesoro, affondarvi le proprie mani, imbevervi i propri pensieri consente di aprirsi al mondo e di muoversi con più destrezza nelle sue articolate trame. Va da sé che una solida cultura non si dà una volta per tutte ma è il frutto di una costante tensione alla conquista di nuove acquisizioni.

L’uomo di cultura non siede tronfio dietro una cattedra esibendo alle sue spalle titoli e lauree in sberluccicanti cornici, con l’aria di chi sa tutto e non ha più nulla da imparare; è bensì un eterno scolaro, una persona profondamente curiosa, al punto da non essere mai del tutto soddisfatto di quel che sa; l’uomo di cultura non smette mai di porsi delle domande e di scandagliare tutte le possibili risposte; l’uomo di cultura, per quanto sia più volte tentato di accontentarsi di quanto sa, ha visto o sentito, continua ad autoistruirsi per l’intera esistenza, perché sa che se si ferma prima o poi il suo sapere regredirà, poiché la mente, come il progresso, se si ferma torna indietro. Questo continuo processo di apprendistato, tutt’altro che semplice, è intriso di sangue e di sudore, richiede caparbietà, una tenace volontà, un duro e laborioso lavoro su se stessi, ma, soprattutto, l’uso del cervello: questo formidabile organo che si fa tanta fatica ad utilizzare. Un’impresa faticosa che però dà i suoi abbondanti frutti. Essere colti non ci designerà soltanto come soggetti dotati di una vasta mole di nozioni, ma anche come individui più consapevoli e più capaci di armonizzare la nostra personalità e il nostro agire. Potremmo però chiederci: Un’umanità più colta può salvare il mondo e renderlo migliore? Ci sono buone ragioni per ritenere di sì.

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La contemporaneità ci pone di fronte alle grandi contraddizioni della società moderna, soprattutto in quei Paesi ove si è raggiunto un enorme progresso scientifico e tecnologico. Viviamo in un tempo figlio della grande evoluzione tecnica ma che è al contempo vittima di una vera e propria carenza sul piano della sapienza politica e civile. La nostra società sembra viaggiare su due binari paralleli: in uno abbiamo lo straordinario avanzamento delle moderne tecnologie, e nell’altro un assai più lento avanzamento di quel progresso civile che dovrebbe condurre al miglioramento delle norme sociali, a un più onesto operato politico, alla buona amministrazione della giustizia e, infine, a più civili e rispettosi comportamenti individuali di ogni singolo cittadino. Siamo indubbiamente sempre più capaci, ma non per questo più umani e civili. È evidente che la scienza da sola non ci rende migliori; può semmai alleviare molte nostre fatiche e migliorare materialmente la qualità della nostra vita. Manca un corrispettivo di uguale efficacia che si faccia carico della salute e della qualità della nostra vita sul piano più puramente umano e spirituale. A tal riguardo, Boncinelli racconta nel suo saggio un simpatico aneddoto: «Un alto prelato mi fece osservare che il progresso materiale c’era stato sì, ed era stato anche efficace, ma a questo non si era accompagnato un concomitante progresso morale e civile. “Il fatto è – non potei trattenermi dal replicare – che noi scienziati abbiamo saputo fare il nostro mestiere, mentre voi non avete saputo fare altrettanto bene il vostro”.»

Per poter confidare in una società più matura dal punto di vista umano e civile occorrerebbe uno sforzo comune da parte di tutte le componenti sociali e istituzionali, in primo luogo da parte della scuola, della politica e della scienza. Intanto che ciò avvenga possiamo partire dall’individuo, da questa piccola ma fondamentale cellula sociale, chiamato ad essere uomo del proprio tempo, cittadino attivo e responsabile, potenziale leader nel proprio contesto sociale. La cultura può e deve essere la sua potente arma di lotta alla violenza, alla corruzione, all’ingiustizia, all’arroganza degli ignoranti, perché è la sola che può dotarlo della “corda aurea” della ragione; quella stessa ragione che “mite e non violenta qual è” fa dire a Pier Paolo Pasolini: «Noi abbiamo un potente mezzo di lotta: la forza della ragione, con la coerenza e la resistenza fisica e morale che essa dà. È con essa che dobbiamo lottare, senza perdere un colpo, senza desistere mai. I nostri avversari sono, criticamente e razionalmente, tanto deboli quanto sono poliziescamente forti: non potranno mentire in eterno. Dovranno pur rispondere, prima o poi, alla ragione con la ragione, alle idee con le idee, al sentimento con il sentimento. E allora taceranno: il loro castello di ricatti, violenze e di menzogne crollerà.».

Giuseppe Maggiore

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Cover Amedit n. 24 - Settembre 2015

Cover Amedit n. 24 – Settembre 2015
“Noli Me Tangere” omaggio a Pier Paolo Pasolini.
by Iano 2015

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