16 dicembre 2011 Lascia un commento
Sokurov attenzione bene, non appartiene a questa infausta specie e non vi apparterrebbe neppure se gli asportassero il 99% della materia grigia ma nella trasposizione concettualmente fedele all’originale de "Casa cuorinfranto" di George Bernard Shaw, si lascia trascinare da quel simbolismo nativo nell’originale ma accentuato e sottolineato tramite lo stesso linguaggio stracciarolo dei cineclub di frustrati ai (loro) tempi d’oro.
I personaggi restano legati alle metafore e non evolvono la loro natura restando schiacciati tra il segno e la parola, in sostanza appiattendosi su figure retoriche senza alcunche’ di vivo.
Qui non si sta discutendo quindi l’allestimento del film peraltro assolutamente all’altezza del suo regista ma di un periodo difficile nel quale Sokurov passo’, finendo per produrre qualcosa che al di la’ di un valore oggettivo tutto da discutere, non gli appartiene minimamente. Sufficientemente onirico da sembrare Fellini e non lo dico come un complimento, simbolicamente espressionista alla Greenaway e qui il complimento ci sta tutto, riconosciamo il Maestro nell’uso degli innumerevoli inserti storici, nell’utilizzo contrappuntistico delle immagini di repertorio al girato presente, ironico, persino beffardo come molte altre volte ha dimostrato.
Ammetto che sul testo ci si potrebbe divertire e sbizzarrire creando paralleli tra il socialismo di Shaw d’inizio secolo e la sua conclusione, come secolo e come socialismo, visto da Sokurov ma sarebbe un arrotolarsi appunto da triste cineclub. Il film non mi e’ piaciuto perche’ non e’ Sokurov, perche’ e’ un inutile prova di forza per la vista e per la mente e perche’ su tutto vince un profondo risentimento che si traduce in un insieme stilizzato e spigoloso.