Una domanda da un milione di euro che sento spesso ai seminari e alle conferenze del Maestro Marco Ferrini è la seguente: se siamo tutti esseri spirituali che proveniamo dal mondo spirituale, dove tutto è buono e bello, cos’è che ci ha catapultati in questa realtà dove il male fronteggia così vigorosamente il bene?
Ho sempre ascoltato risposte articolate in modo diverso, ma il significato si riassume in un sostantivo… che poi vi dirò.
Personalmente provo una forte resistenza a proiettare in un mondo ideale e lontanissimo tutta la bellezza e tutto il buono, al contrario mi sono sempre stupito di fronte alla stupefacente complessità della natura, si tratti del movimento delle galassie o della geometrica regolarità di un cristallo. Tutto quello che ci circonda è meraviglioso, ma è esperienza comune che può diventare orribile. La vita, quella delle piante e degli animali, ma anche dei pianeti, delle stelle e, pare, delle galassie e dell’intero universo, inevitabilmente nasce, si sviluppa e poi decade e muore.
Mi rendo conto che fin qui siamo nella banalità dell’esperienza bovina. Noi umani però ci siamo cimentati nella misurazione di questa universale ciclicità. Nella fisica del secolo scorso infatti sono stati studiati due fenomeni chiamati sintropia ed entropia. Trasportando dalla fisica alla biologia e alla filosofia, entropico è un fenomeno che disperde energia, che tende a “disorganizzare” ciò che è ordinato, al contrario sintropico è ciò che produce ordine. La fotosintesi è un processo sintropico, la disgregazione di un cadavere è un fenomeno entropico.
Cosa c’entra col bene e col male?Forse che noi c’indigniamo sapendo che un giorno torneremo alla primordiale semplicità delle molecole e degli atomi? Certamente no, così come ci appare del tutto naturale e senza attribuzione di categorie di valore la fotosintesi. Dunque siamo immersi in un sistema chiamato “Natura” che è fonte di stupore per la sua bellezza ed organizzazione. Del resto siamo anche consapevoli che questa meravigliosa costruzione è solcata da un abisso oscuro all’interno del quale tutta questa bellezza può precipitare in qualsiasi momento: la splendente gloria del creato sembra che non possa prescindere da quel disordine scomposto che ciclicamente rimescola le carte. Questo vale anche per ognuno di noi, spesso in vita e sicuramente alla morte “alla quale nullu homo vivente pò skappare”. Nell’universo le stelle nascono e muoiono, sulla Terra cadono meteoriti e si muovono terremoti disastrosi (per noi), nelle nostre esistenze vi possono essere scossoni non meno potenti.
E’ male l’esplosione di una stella. E’ male un maremoto? E’ male la preda terrorizzata nelle fauci del predatore? E’ male la perdita di una persona cara? Tutto quello su cui non agisce il nostro libero arbitrio non può essere definito con le categorie di bene/male, semmai con quelle di ordine/disordine.
Ma perché allora l’Onnipotente non ha creato un universo dove tutto è “ordinato”, buono, dove non c’è il male, dove il leone e l’agnello bevono allo stesso fiume. Perché ci fa vivere in un mondo abitato da buchi neri che inghiottono intere galassie? Perché insieme al sistema linfatico ha impacchettato dentro all’uomo impulsi e passioni che possono portare al degrado, alla sofferenza e alla morte? Perché, visto che Lui ci ha creati a Sua immagine, non ci lascia beatamente pascolare nelle verdi praterie celesti dov’è sempre primavera e di sicuro non saranno mai bruciate dall’impatto di un asteroide?
Si chiama libertà.
Se non ci fosse quell’abisso oscuro, se non avessimo la tendenza al male (il peccato originale), come potremmo scegliere il bene? Che merito avremmo senza scelta?
Ci siamo giocati tutto per la libertà! Che non è star sopra ad un albero (G. Gaber), ma nella quotidiana responsabilità di scegliere ciò che è giusto, piuttosto che ciò che piace.
Ascoltare il Maestro che parla di eroi e di ottenebrati nel Mahabharata, della disciplina esposta negli Yoga Sutra di Patanjali e del colloquio tra un discepolo caduto nell’oscurità e Krishna (la Bhagavad Gita), schiarisce l’abisso oscuro che abita ognuno di noi.
Che Dio l’assista (il Maestro).
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